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Giuseppe Gioachino Belli Lettere a Cencia IntraText CT - Lettura del testo |
Signora Vincenza Perozzi Nata Marchesa Roberti
per Morrovalle
È veramente singolare che in una lettera da me scrittavi collo scopo di parteciparvi la mia nuova dimora, abbia io poi omessa l’indicazione di quella. Non me ne so ancora persuadere benché dal 2 corrente (in cui mi giunse la vostra del 26 ottobre) io ci abbia pensato dodici giorni. Ma né in capo né a piedi della mia lettera v’indicai il Monte della Farina n. 18? Ed io realmente quì abito dove voi mi indirizzaste il vostro cortesissimo foglio. Vedete come ho la testa per aria! Povero Belli!
Motivi molti e gravi mi fecero lasciare il Palazzo Poli: gravi e molti motivi. Oggi però è scomparsa l’apparente contraddizione del pagare il fitto d’una casa vuota. L’ho subaffittata al Signor Vincenzo Compagnoni, dopo superate immense difficoltà, e sofferti durissimi sagrificii nella roba. Ma io doveva partire. Eppure ogni giorno rondeggio di là come un passere intorno al nido distrutto. Ho collocato tre de’ miei domestici in alcune adobbate [sic] camerette superiori che ritenevo per nolo separato, e quanto più spesso mi riesce li vado a visitare. Essi non sono più miei servi ma uguali. Io non ho più famiglia: vivo a dozzina in casa di alcuni parenti dove mi sono ammobiliato modestamente due stanze cogli avanzi della mia rovina. Quì se ci capirà, verrà un giorno anche Ciro: presto o tardi. Ma non entriamo in amari discorsi che vogliono voce e non inchiostro. Vi atterrirò con due sole parole: Siamo poveri, cara Amica. Queste parole però io dico all’orecchio dell’amicizia discreta; e in casa vostra e nel vostro paese non le ascoltino che l’orecchio vostro e quello di Pirro. Come dunque insistete nel venirvi io a trovare? Io, ve l’ho già detto, son quì impennato dalle fatiche e dalla necessità della mia continua presenza: presenza e fatiche, e, diciamolo ancora, cordogli, che dureranno più anni, e poi?... E poi lo sa Iddio cosa sarà. Chi sa se potrò trovare i momenti per visitar Ciro nella estate futura! Quando vi diceva di avere io provveduto alla tutela di Ciro, intesi pel caso della mia morte. Ho fatto testamento e ho nominato i tutori. Ma, finché vivo, il tutore, il protettore, la guida del mio figlio son io. Io solo gli mostrerò dove si cela il serpe che uccide: io solo preserverò questa tenera pianticella dalle corruzioni del secolo.
Ecco la mia vita. Mi alzo alle sei antimeriadiane: fatico al tavolino (per affari) fino alle 10. Allora esco, e porto meco una lista de’ luoghi dove ho da correre, spesso più volte, fino alle 2. Torno a pranzo, e poi fra le carte, e poi verso sera termino qualche interrotto giro della mattina. A mezz’ora di notte al travaglio, alle 11 cena: a mezzanotte a letto per vegliar quasi sempre fino alle sei del giorno seguente. E non ho alcuno che mi serva o che mi porti in giro un biglietto quando son malato o diluvia. Ma se un giorno Ciro sarà istruito, onorato e cortese, mi considererò pagato di tutto, anzi in debito verso la provvidenza.
Come mai l’ottimo Signor Pantaleoni non disse in fin de’ conti: ma quì non abita un Belli? chiamatemi Belli. Io ho sempre ignorato l’aneddoto che mi narrate. Ringraziatelo, salutatelo, e chiedetegli scusa per me per le conseguenze spiacevoli di questo equivoco.
Ora per esempio sta per suonare la mezzanotte tra il giorno 13 e il 14, ed io tra la cena ed il letto di spine preparo questa lettera onde portarla da me dimani alla posta. Prima non ho potuto scriverla: dopo non potrei. Eppoi giudicate se non reo scrivendovi tardi, di rado e poco. Saluto Pirro, Matilde e tutti, e vado a letto dopo caricata la trappola perché ho i sorci in camera che m’invidiano mezz’ora di sonno.
Sono il vostro affezionatissimo amico
P.S. — Un altro segreto. Procuro in ogni modo di sollevare dal mio carico personale il piagato patrimonio di Ciro. Se i vostri amici di codesti luoghi avessero bisogno d’affidare a qualcuno in Roma i loro affari (non mi vergogno delle onorate fatiche) e voi lo sapeste... mi sono spiegato. Cara Amica, è venuto il tempo della prova. Unirei i negozi altrui a’ miei, e tirerei due carretti con un solo sforzo di petto. Voi siete delicata e riservata. Pensate che il mondo perdona più facilmente un delitto che una disgrazia.
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