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Giuseppe Gioachino Belli
Lettere a Cencia

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Alla Onorevole e gentil Donna

Sig.ra Vincenza Perozzi, N.a M.sa Roberti.

Macerata

per Morrovalle

Di Roma, 28 novembre 1837

Cara amica,

Alle premurose dimande della vostra del 23 non posso rispondere. Vi vorrebbero molte parole e assai dolorose. Ne parleremo un giorno, quando Iddio vorrà. Intanto assicuratevi che io vi ho narrato il vero, e, se ne siete meravigliata, sappiate che ne ho stupore io medesimo. Vi ripeto anche una volta che io non potrei movermi da Roma non solo per viverne lontano ma neppure per via di sollievo. Farò molto se potrò nel venturo anno recarmi a vedere Ciro. Le mie cose sono in modo tale costituite che per molti anni abbisogneranno della mia continua presenza, delle mie continue fatiche e dalla mie continue veglie ond’essere risolute in modo da poter dire o bene o male: è finito. Vi parrà strano: vi avrà l’aria di un indovinello; eppure è così. Tutte le vostre riflessioni son giuste e il ricordo del passato è esatto; ma il presente ha un altra [sic] trista realtà. Si camminava sul precipizio coperto di fiori. La tenerezza di mia moglie le persuase il falso calcolo di celarmi il vero per lasciarmi una quiete che un giorno doveva svanire tutta in un punto.

Convengo pienamente con voi: la vita dell’agente non è pel mio carattere, ma... — L’affare che mi proponete tuttavia ha più natura d’impegno che di gestione. Non so di chi mi parliate. Io potrò usar qualche pratica in suo favore allorché me ne avrete palesato il nome. Ma se credete che gli uffici del prelato abbiano più efficacia, e l’avranno di certo, non ritirate la commissione che già gliene deste. Già se ne potrebbe offendere, e poi se io non riesco?

Ringraziate con parole di fuoco il caro, l’ottimo Pirro, per le sue amorose espressioni. Nelle mie sventure ecco un compenso: la pietà degli amici.

 

Sono di cuore il vostro Belli

 

P.S. — Le Cerroti stan bene. La Chichi sempre infermiccia. Me lo disse Petronilla in istrada l’altrieri.

* * *





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