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Giuseppe Gioachino Belli Lettere a Cencia IntraText CT - Lettura del testo |
Alla Nobile e gentil Donzella
Signora [sic] Matilde Perozzi
Morrovalle
Di Roma, 26 settembre 1839
Mia cara Matildina,
Le sgridate, pel ritardo di notizie intorno al vostro ritorno a casa, le ho già fatte a Mammà. Voglio purtuttavia aggiunger quì un codicilletto anche per voi dicendovi che il disfare il baule, il recarsi a Loreto, il metter la testa a segno, e lo studiar la musica, sono tutte ottime cose; ma neppure può sembrar pessimo lo scriver siam giunti, e scriverlo ad un amico al quale non si era già creduto inutile di scriver verremo. Oltrediché, Matildina mia, restava quì il Nonno, che meritava da Morrovalle una particella almeno delle cure e del tempo che ottenevano da Roma coloro, o parenti o amici, che avevate in Morrovalle lasciati. Ma tuttociò è stato soggetto di un colloquio maceratese, e passiamo oltre.
Mi congratulo e colla Mamma e con voi dei gentili incontri fatti presso Belforte e della lieta sera trascorsa a Tolentino. Io da Perugia a questa Roma non ho passato che ore noiose e affligenti, perché io là lascio tutto e quì non è più alcuno che mi aspetti. Ho però detto male: qualche cosa quì mi aspettava, cioè la vostra letterina del 15 agosto, giunta sul mio scrittoio il 22. Ma non aveva detto io più volte che la mia partenza per Perugia accadrebbe il 17? — Ho ritirato i vostri solfeggi dalla Signora Deangelis per mezzo della Signora Chichi che vi saluta. Sono piccola mole: un foglio. La difficoltà sta ora nel farveli avere. Chi partirà per costì? Vedremo. Non ho trovato in casa il maestro Basili. Ci tornerò e gli farò i saluti vostri e della zia Ignazîna, la quale poteva mandare un saluto anche a me per pagamento di senseria.
Le nuove che mi chiedete del mio Ciro sono ottime e per la salute e pel resto. Cresce, studia, prospera, e si fa uomo di mente e di cuore. Le mie poi non posso darvele quali la vostra buona amicizia desidererebbe. Mi tormenta sempre il dolore di testa, e ne divengo a poco a poco un uomo da nulla. Poco già sempre, figuratevi ora! Addio mia cara Matildina: siate felice quanto io ve lo desidero; e se mai Papà vi tornasse a dir Toppacchina scrivetemelo subito e ci penserò io.
Il vostro affezionatissimo amico e servitore
Giuseppe Gioachino Belli
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