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Giuseppe Gioachino Belli
Lettere a Cencia

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Alla Nobile e Gentil Donna

Sig.a Vincenza Perozzi, N.a M.sa Roberti

Macerata

per Morrovalle

Di Roma, 28 febbraio 1846

Gentilissima amica nella Chiesa militante

Il mio epistolare silenzio non deriva dalla morte vostra; ma dalla mia, e potete ben dire che abbiate la voce assai miracolosa quando con essa avete avuto il potere di risvegliare quattro ossa dentro la lor sepoltura. Io sono morto e seppellito da un pezzo, e di me non se ne parla più. L’unico bene pertanto che possa farmisi adesso, ristringesi a qualche deprofundis o requiem-eternum, seppure (che nol capisco troppo) io mi sto in luogo di salvazione. Alzo oggi per un momento il teschio dal mio sepolcro; e stendendo l’arido braccio al calamaio di mio figlio, tuttora mortale, vergo queste due linee per poi ricadere nella pigrizia de’ morti. Non più studii, non più passeggi, non più visite, perché i trapassati nulla costumano di tutto ciò, a meno che qualche volta per decreto del cielo non escano dalla lor fossa, involti alla eroica in un gran lenzuolone, per far voltare la bocca dietro a qualche vivente privilegiato. Queste apparizioni Iddio le tenga lontane da casa vostra però, né desideriate mai simili privilegi. Basti lo spavento che vi toccherà risentire al conoscere che questa lettera viene dall’altro mondo e la scrisse un interrato defunto. In quanto a voi, se mi farete celebrar de’ suffragi, il mio povero spirito ve ne rimeriterà col pregare l’Altissimo a raddoppiarvi almeno il Climaterico 44, dove così Vi piaccia, perché vi godiate molti e molti altri festini a Filottrano, a Jesi, a Macerata, a Morrovalle, ed ovunque desideriate rallegrare la vostra esistenza. In qual luogo io conti passar l’anno voi mi chiedete? Nulla a ciò può rispondere chi giace lungo-lungo sotto una pietra, dipendendo al tutto dagli scaricatori de’ cemeterii. Per solito in simili casi di sgombramenti di tombe, i vecchi abitanti, per dar luogo ai nuovi, viaggiano per qualche campaccio; e lì rimangono poi sempre, ingrassando cavalli sino al dì del giudizio, qualora prima non soffrano altro trasporto in grazia di un mare o di un fiume. Circa a mio figlio, nel volare io lieve-lieve alla sua stanza, per vergare questa mia lettera, mi parve ch’egli fruisse di ciò che in terra de’ viventi si chiama salute. Nel regno della eternità la salute è il paradiso, che Iddio conceda (a suo tempo) a Voi, a Pirro, a Matilde, a Mammà, a Checco, e a tutti i vostri amici e benefattori.

Paragonate questo carattere di Belli morto a quello del già Belli vivo, e conoscerete anche da esso se abbiavi scritto un vivo od un morto.

I morti non facendo complimenti, posso dirmi soltanto

 

Il quondam vostro amico e servitore

Giuseppe Gioachino di bona memoria

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