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Giuseppe Gioachino Belli Lettere a Cencia IntraText CT - Lettura del testo |
Alla Nobile e Gentil Donna
Sig.a Vincenza Perozzi, N.a M.sa Roberti
Macerata
per Morrovalle
Di Perugia, 19 settembre 1840
Mia gentilissima Amica
Non può né sorprendermi né sembrarmi irragionevole il dolore che vi deriva dalla lontananza di vostra figlia, e il tedio delle giornate trascorse da Voi senza la sua compagnia. Se la natura nostra si affeziona a quelle persone o a quelle cose ancora colle quali ci troviamo uniti per lunga consuetudine, quanto maggiore attaccamento non sarà in noi suscitato dalla continua convivenza coi figli, che sembrano già antichi amici al cuor nostro sin dal primo istante medesimo della loro comparsa nel mondo? Se poi consideriamo l’affetto materno, sempre più tenero e pauroso che l’amore di un padre; se apprezziamo questo affetto verso una figliuola, compagna ed amica naturale di una madre di cui deve ricopiare in se stessa tutte le tendenze dell’animo e le domestiche sollecitudini; se a que’ riflessi aggiungiamo la unicità di prole in quella figlia medesima, dalla quale non può distrarsi l’amore per dividersi ed esercitarsi sopra altri oggetti di simile importanza; se finalmente quell’unica figlia sia gentile, sia amabile, sia virtuosa, sia giunta ad età di matura intelligenza per concepire la tenerezza della Madre sua e sentire in sé il bisogno e la capacità del contracambio, allora la vostra tristezza comparirà a tutti non solo naturale e giustissima ma superiore ancora a quanto sappiate esprimere colle parole.
Nulladimeno l’amore, il vero amore, prende forza e si manifesta coi sacrifizi; e se il vivere sempre al fianco de’ figli nostri dà testimonianza di non dubbio affetto, il sapersene talora distaccare per la loro futura felicità trasforma la virtù umana quasi in divina, e la prepara a consolazioni più che terrene. Niuno è però obbligato ad atti maggiori delle sue forze; e così quando Voi realmente sentiate colla esperienza che la lontananza di Matildina vi riesca troppo penosa, oppure vediate Lei stessa incapace di vivere un anno separata dalla sua buona Mamma, non dovete al certo cimentare con funesto eroismo né la vostra né la sua vita, sì necessarie una all’altra, e sì care entrambe ad un ottimo marito e padre che in Voi due ripone e divide tutte le sue compiacenze. Nulla delle create cose è infinita, ed ogni atto della umana natura ha una linea di confine, oltre la quale la stessa virtù degenera in vizio. Ma a quella linea bisogna arrivare, e badar bene che le passioni seduttrici non ci faccian credere estremo il mezzo della misura. Io parlo ad una donna virtuosa e illuminata sui proprii doveri così come sulla propria morale attività per compierli degnamente. Mi riesce assai grato l’udire da Voi la memoria che Monsignor Vescovo Teloni conserva di me e della mia famiglia, seppure possa più meritar nome di famiglia una casa mancante di una moglie o di una madre che la diriga e ne sia centro. Quando rivedrete quell’ottimo prelato presentategli i miei rispettosi ossequî e ditegli che il tempo di tanti anni mai non ha in me diminuita la stima indottavi da’ suoi meriti sin da quando ebbi l’onore di averlo a compigionale nel medesimo casamento da me abitato colla mia povera Mariuccia. Avrei anche desiderio di sapere da Voi se viva e stia bene la Contessa Cavallini, sorella di Monsignore, donna di molte amabili prerogative.
Nel Mercoldì 16 adunque si celebrò dalle Monache e dalle convittrici del Monistero il vostro giorno natalizio.
Brava Cencia! Mentre quasi ogni donna procura di nascondere quelle fatali ricorrenze, Voi senza vanità o pregiudizi le fate solennizzare da una intiera comunità. Sarete così più stimata da chi non valuta i pregi di una donna in ragione inversa della età sua. La gioventù ogni giorno fugge, e la virtù si accresce ogni giorno. Io vi auguro di raddoppiare l’attual vostra vita onde aumentarvi di altrettanto la mia odierna amicizia, seppure ancor’io possa lusingarmi di rimanere sì lungamente in questa locanda del mondo. Ciro sta sempre bene e va di giorno in giorno sviluppando uno spirito amenissimo, senza però uscir mai dai termini della moderazione. Ha poi un’arte sua propria di star sempre e ad ogni incontro in pace con tutti. Fra tre giorni io lascerò Ciro e Perugia, e, trattenutomi un poco per affari lungo la via, sarò in Roma verso il finire del mese.
Mille amichevoli parole al mio Pirro, alla vostra Matildina e a tutti i vostri parenti. Sono di cuore
Il V[ostr]o a[mi]co aff[ezionatissi]mo
G.G. Belli
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