Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Giuseppe Gioachino Belli Lettere a Cencia IntraText CT - Lettura del testo |
Alla Nobile e gentil Donna
Sig.a Vincenza Perozzi, N.a M.sa Roberti
Macerata
per Morrovalle
Di Roma, 30 genn[ai]o 1843
Gentilissima amica
Giunta a Roma il 29 dicembre 1842 la cara vostra del 23 d[ett]o mese, mi trovò entrando nel letto per un reuma di petto e di testa, il quale, dopo avermi favorito con tutte quelle carezze che soglionsi praticare nella cura di simili infermità, mi permise finalmente dopo intieri trenta giorni di riuscir fuori dalle coperte nella mattina del 28, cadente gennaio. Ancor mezzo fracassato dal sofferto malanno, il primo atto di esercizio della mia libertà è il prendere in mano la penna per restituirvi gli augurii del buon’anno, che vi rimando zoppi d’una delle lor dodici zampe, benché nulladimeno io già aveva complito con voi intorno a ciò nella mia precedente. Senza bisogno di dirvelo Voi già capirete che io non ho potuto eseguire la vostra commissione presso il S.r Ferrieri.
Ciro non ha prevenzioni di sorta. Egli non conosce che Università, tavolino, qualche passeggiata, qualche intervento al teatro; e del resto silenzio, e indifferenza per tutte le cose. È un carattere di nuovo stampo; né ho mai veduto altri che con sì poca spesa abbia saputo comperarsi come lui l’affezione di tutti. Ha de’ modi tutti suoi proprii. Insomma è un gentile, contegnoso e costumato vecchietto di 19 anni. Io lo amo, e glielo dimostro in atti, in fatti e in parole: egli mi ama, e me lo prova solo coi fatti, ma sono di quei decisivi. —
La vostra bontà vi fa desiderare di vederlo nel futuro settembre. Non so peraltro quanto ciò sarà combinabile per parte mia, perché, debbo pure ripetervelo, io sono legato al mio impiego da una catena saldata e senza lucchetto. Il mio uficio non concede libertà di alcuna specie, e sulla porta di esso potrebbero scriversi le due grandi parole colle quali suol principiare proseguire e chiudere ogni missionario la sua predica sul terzo novissimo: mai e sempre. Rivedetene la parafrasi in Dante. Basta, diam tempo al tempo, e vedremo se finché si sta al mondo potessi per un momento cambiar l’inferno in paradiso, amen.
Non mi dilungo di più perché il braccio e la testa mi si ribellano, ed altronde nel decorso di questo mese di soave riposo non so dirvi quante lettere di affari e di non affari sianmisi accumulate sul tavolino, e debbo dar resto a tutte, e sta per ricominciare il mio esercizio all’impiego dalla mattina alla sera! Mille saluti a tutti di casa, e uno schiaffetto da parte mia (di quelli episcopali da cresima) sopra una guancia della vostra Matilde. Son vecchio, ed ormai mi è lecito il concedermi simili libertà verso una giovinetta la quale un giorno potrebbe anche darmi la pappa, se la scodella si trovasse fra lei e me.
Se poi lo schiaffetto lo ricusa per parte mia, dateglielo a contro vostro in penitenza della sua poca compiacenza pe’ vecchi, i quali si appagano di queste innocenze verso la gioventù, mentre fan la barchetta e il pulcinella di carta ai ragazzetti che li tirano per le falde del giustacore. Così insomma ci riduciamo, dopo aver tagliato il mondo a spicchi come un’appiuòla! Oh basta, ché la mano non ne vuol più, e la carta ci si mette d’accordo.
Sono cordial[ment]e di Voi, Pirro, di Matilde, della Marchesa e di Checco
aff[ezionatissi]mo a[mi]co e serv[itor]e
G.G. Belli
P.S. - Il saluto del S.r Ant[oni]o Lazzarini, che contracambio, mi ricorda il trovarsi ancora presso di me certe sue pietruzze. Ah! se quando il Signor Lorenzo fu in Roma me lo avesse fatto sapere, le avrei date a lui!
* * *