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Giuseppe Gioachino Belli
Lettere a Cencia

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All’Ill.mo S[ignor]e P[adro]ne Col[endissi]mo

Sig. Giuseppe Meconi

Macerata

per Morrovalle.

[Di mano della Roberti]

Doxio fu il primo,

che fabricò con bitu-

me prendendo esempio

dalle rondini. Plinio libro 7

In seguito poi Eurialo e Iperbio

le tegole furono poi inventate

da Cinira di Cipro. Pausania

Di Roma, 8 Dicembre 1824

Mio caro Amico,

Uno de’ più aggradevoli piaceri può nella vita arrivarmi nella memoria e nelle lettere degli amici lontani, di quelli, intendo, le cui qualità m’impegnarono a riguardarli sotto tale aspetto, e chiamarli con questo dolcissimo nome. Da simile preambolo toglierete misura della soddisfazione che deve avermi recata la carissima vostra del 2 andante Dicembre. E per rispondervi comincerò dal ringraziarvi pe’ voti che mi dite avere formati a prosperità del mio viaggio il quale, per quanto può riguardare disgrazia, non ne ha avuta, ed in questa parte è seguito giusta i vostri desideri. Nel resto avrei amato non averlo mai principiato, perché mi ha tolto da’ luoghi dove il mio cuore stava bene, e meglio il mio spirito. Ora il primo non gode, ed il secondo travagliatissimo sospira il momento della calma che vede lontana.

Il racconto vostro sulla qualità de’ colloqui, che spesso avete con Cencia sul mio conto, mi commove ed accresce in me il dispiacere di averla lasciata. Vado più che convinto delle rette intenzioni di lei sulla condotta di ogni maniera che rispetto a me può aver menata. Se qualche cosa vi è di spiacevole dipende dalla natura troppo secondata da chi amò d’incontrare più favore che stima. Costoro approvano tutto, o se non approvano, consentono col silenzio. Ma la mia amica è poi di fondo eccellente, come voi pure sapete. Se io mi paragono ad essa, veggo subito tutti i suoi difettucci al cospetto de’ miei molto più rilevanti. Non andate però tanto oltre colle laudi di me sino a credere e dire di poter esser da me lusingato l’amor proprio di qualunque donna, a cui rivolgessi i miei sentimenti. Persuadetevi, amico caro, che su ciò errate: ed io non ho mai fatto simili incontri. Sono però contentissimo di possedere l’affetto di chi amo, né voglio affatto che se ne chiami lusingata, ma paga. Conosco benissimo di quanto imbarazzo debba riuscirvi la differenza di gusti delle due amiche madre e figlia Roberti: e convegno con voi, che in qualunque modo operiate, ad una delle due dovrete spiacere. Consigli non vuo’ darvene, ma pure vi dirò quel che ne penso, così per questo capo del passeggio, come per ogni altro. Ambedue riguardo, ma quando si dovesse meritano per necessità contentarne una sola, io contenterei sempre la figlia.

I quattro spagnuoli vi saranno piaciuti, perché sono bellissimi. La mia salute è piuttosto buona per dire il vero; ma pure sono travagliato da qualche dolore di capo. Sarà effetto delle riprese occupazioni dopo tanto tempo di riposo. Il non avermi dato mai notizie di Cencia mi fa credere che non le abbiate detto che mi scrivevate. Se ciò non è, e non avete ragioni per farlo essere, vi prego salutarmela affettuosamente. Io le scriverò sabato in risposta alla sua che in detto giorno debbo ricevere. Nello scorso ordinario scrissi a Rutili [sic], e gli acclusi un mezzo foglio per essa. — Amatemi come vi amo, e credetemi pieno di stima.

 

Vostro aff.mo a[mi]co

G. G. Belli

* * *


N. 6 = Risp.a al N. 3 — Roma, Sabato, 11 Dicembre 1824

Tu sei veramente graziosa, Cencia: vai imponendomi leggi a tutto pasto, e pretendi che mi vi assoggetti alla cieca. La tua intenzione è ottima, ma talora mandandola ad atto non prevedi, cuor mio, potere io avere ragioni vigorose per mancare. Lasciamo stare le leggi fondamentali del nostro amore: quelle vanno bene, e mi taccio: ma il non volere che io replichi nulla a cose che mi dici, e nelle quali posso esser persuaso che tu viva in errore, ecco ciò che non ti vuò menar buono. Quando le tue parole colpiranno nel segno, io osserverò silenzio: ma questa volta per esempio non posso dispensarmi dal ripeterti che la somiglianza del mio stato a quello di Liberati è verissima, e non già pietosa finzione. Dunque, Cencia mia, se ciò ti giova, vivine lieta e convinta. Ora non ne parlerò più. — Mia sorella non sarà più sposa per la negativa che si fa da’ superiori della dispensa onde contrarre nodo con uomo che l’è cugino benché di altro cognome. Intanto Montani di Fermo ottenne licenza di sposare la figlia del fratello, cosicché ella chiama il padre cognato. Ma di ciò abbiamo altra volta parlato; ed ora è più bello il tacerne. Io non ho danari. — Aspetterò dunque Marchetti col plico. Non mi hai più detto se a Latini sia poi stato o no da voi scritto. — Il conto delle spese fatte per te non posso oggi mandartelo perché essendo da momenti arrivata a me la tua lettera, e fra poco dovendosi impostare non posso vedere M. che le ha eseguite e ne tiene memoria. Oltre di ciò credo che ancora non sia noto quanto deve avere il tintore. In altra mia lo dirò. Peraltro tu sai, che io ho di tuo alcuni scudi.

Le attuali funzioni non rendono affatto piacevole questo soggiorno, almeno per me. A differenza di quanto da altri e non da me si credeva, vanno arrivando moltissimi stranieri, e le locande si empiono a rigurgito. A giorni viene la vedova regina di Piemonte e Sardegna con numerosissima corte. Ha preso in affitto la villa Massimo col palazzo annesso in cui si alzeranno quarantatrè letti da padroni, e poi quelli per la servitù. Vivano le noie! — Sì, tu potresti riuscire facilmente nell’intento di farmi ridere: ma quì... — Che vuoi tu già parlare di altro viaggetto? Vado vedendo su ciò molta dubbieezza nascente da costante silenzio, che io per ora stimo bene non violare. Ti ringrazio de’ saluti che mandi per me a Liberati. A proposito di bicchiere, io contava di mandartene due, uno per Mamà bello, l’altro per te bellissimo: ma senza riguardi con te, ti dirò, che io mi trovo senza un baiocco, avendo dovuto comperare alcuni libri, ne’ quali ho impiegato alcuni scudi che mi ritrovavo. Questo è accaduto senza notizia di M., alla quale non vuò chieder nulla per discrezione, mentre i pesi a’ quali ella soggiace son molti, ed attualmente la nostra economia va sempre più a rotta di collo per certi incagli minacciosi di irreparabile rovina. Sono contento di potere con te parlare senza riserve, perché di due siamo uno. Se non fosse così arrossirei nel dover mancare ad una promessa che ne feci a tua madre. — Rendi a Meconi non il bacio, ma un saluto. Il ritorno è vizioso come non era l’andata

 

[Manca il seguito]

* * *





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