Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Giuseppe Gioachino Belli
Lettere a Cencia

IntraText CT - Lettura del testo

Precedente - Successivo

Clicca qui per attivare i link alle concordanze

Alla Nobile e Gentil Donna

Sig.a Vincenza Perozzi, N.a M.a Roberti

Macerata

per Morrovalle

 

A.[mica] C.[arissima]

Il morto è stato appunto Menicuccio. Ne ho preso un’altro [sic] (cioè di servitore) che fu lacché o vogliam dire volante della Principessa di Galles crepata Regina d’Inghilterra: e indovinate un po’! gli è venuta una sciatica; e così è andata a spasso la parte più buona. — Volevo mandare a Pirro un libretto qui pubblicato sulla Grippe per consolare coloro che la credono un araldo del cholera: ma non mi è sembrata cosa degna di lui.

Godrò di vedere e conoscere il s.e Giuseppe Perozzi.

Ecco qui appresso le ragioni per le quali io non capivo niente sulla faccenda Leandra. «Ma come mai non è giunta fino a voi la mia prima lettera! Questo caso mi fa nascere sospetto che qui siasi usata una porcheria per toglierla alla posta; ed eccone il motivo. Vi narravo in essa (solo per farvi ridere) che Leandra Persiani, la quale si era fatta un merito con voi della stiratura delle vostre camicie mise poi a mio carico questa partita prima delle altre quando io fui a soddisfarla dell’alloggio prestatovi. Mi presi gusto di far conoscere a Leandra che vi avrei scritto per esimervi dalla obligazione che le avreste dovuto se realmente si fosse prestata gratuitamente alla stiratura della vostra biancheria. Essa mi pregò di non farvene parola. Dubito che dietro questo timore abbia trovato mezzo di troncare il corso alla mia lettera». Queste parole, tradotte in lingua mia, vengono a dire: io ho pagato Leandra della stiratura delle vostre camicie; Leandra non ve le ha stirate gratis come volle farvi credere, e per non pregiudicarsi mi ha raccomandato il silenzio. Dunque voleste farmi ridere, ed io rido con voi. — Sul fustagno avete mille ragioni, ma io non ho mille torti, perché Antonia, Domenico e Ciriuccio, andarono a toglierlo alle Zoccolette, e la maestra bizzoca consegnò quella porcheria e disse quelle tali parole. Vi farò provvedere la canna del peloso da bai: 50 e la unirò al resto che tengo preparato per voi. Su questo io non ho altro pensiero che quello del ritardo che ne verrete a soffrire: verbo quattrini, sino agli scudi novantanove e 99 baiocchi posso far credito sino ad un anno e un giorno. Solamente mi sorprendeva che il Crocenzi non fosse più comparso dopo che il 13 Novembre mi assicurò che fra 20 giorni sarebbe stato nuovamente in Roma. E mi duole del rinaccio largo più di mezzo baiocco. Ma, come si fa? Guardata la qualità in globo, si passa alla misura e difficilmente si giunge a scoprire quello che minutamente può osservarsi sotto la forbice del sarto. Nulla di meno un’altra volta starò molto più attento in cose delle quali neppure è in colpa il mercante, essendo vizii di fabbrica. Io ho fatto per me un soprabitone di pelone cenerino mischio, col quale indosso mi mischio in qualunque ceto di persone. Qualche volta mi si fa il viso dell’armi, ed io prendo tabacco. — Sicuro che mi è possibile di rinvenire l’inventario che feci prima del settennio magro di Giuseppe: anzi l’ho sotto gli occhi. I documenti dati al Borghi furono n. 280, descritti pezzo per pezzo dalla mia penna. Ma l’archivio del Borghi pare che porti per impresa que’ versi della Pronèa. «Molt’è che lento il padre irrefrenabile degli anni — Calca forme sull’alma, e rode, e passa — E qualc’ [sic] aura di me seco si porta». Intanto il palazzo Nicolini dimora del Borghi mi è sempre in pensiero: que’ 99 gradini sono la mia passeggiata ordinaria, e i biglietti al procuratore il mio ordinario passatempo. Ieri mattina mi vi recai con un biglietto in saccoccia, giusto il mio costume, per non gettare la visita in caso di assenza del visitato! All’avvicinarmi alla porta, ne usciva un uomo vestito peggio di me, ed io perciò più galantuomo di lui. Con questa giusta prevenzione, eh là, non chiudete, imperiosamente io gli dissi. Il buon’uomo, che forse era più buono di me, lasciò aperto, stimandomi per avventura il re di Sterlicche in incognito fece un inchino, e andò giù. Gira gira per casa: nessuno. Chiamai, deo-gratias, è permesso? Nessuno. Finalmente lasciai il mio biglietto accanto a un calamaio d’argento che fui tentato di portarmi via. Ma ricordai il parallelo de’ galantuomini per buona sorte di Borghi. Seguiterò le mie passeggiate e il resto. A proposito di Curiali, vostro suocero da chi era assistito qui a Roma? Non mi diceste Nasselli? È morto. Ma sarà un mio sogno d’averlo udito nominare per di lui procuratore. — E trentotto! «Com’è confusa la sapienza umana!».

Il Sr. Francioni venne circa le 3. Io pranzavo e fui chiamato fuori dal baulle. M’aspettava vedere il Crocenzi, e vidi una fisionomia che conciliai con un nome, lo pronunziai e andai al segno. Due complimenti e non altro. Come stanno a Morro? — Tutti bene. — Ho piacere. — Servo, padrone: ed egli via, ed io a pranzo. Ciro non ci entrò punto né poco. Dunque avete scherzato o frizzato sui saluti di Ciro e sui miei? Ciro non fu veduto e non parlò, ché mangiava. Io non mandai saluti perché li avrei scritti fra poco. Però, se non avete scherzato e frizzato, stimo il S.r Francioni un don Desiderio. — Mi è grata la felicità alla quale si avvicina la famiglia Perozzi pel ritorno de’ due individui che n’erano sgraziatamente lontani. Ed eccoci coll’aiuto di Dio all’opuscolo relativo al libro maceratese. — Nota di Giuseppe Gioachino Belli al tomo I, pag.e 153-5 dell’Antologia epistolare impressa in Macerata pel Cortesi, 1830, con l’aggiunta di dodici lettere inedite del Monti, Perticari, Bragagli, e Ruga. — «Poiché talvolta le parole di spregio che escono da penne autorevoli lanciate contri scrittori novelli, possono per avventura, a chi più addentro non sa, apparire sentenza di morte letteraria, o poco meno; noi ci siam fatti coscienza a appellare a miglior Foro di una simil condanna, cui un uomo chiarissimo, non ha guari defunto, si lasciò andare alquanto leggermente contro un nostro amorevole ch’egli ancor tutto non conosceva, ma che bene conobbe di poi e tenne onorato per parecchi anni di reciproca benevolenza. Al quale uficio pietoso, di salvar da morte un innocente, non dovremmo noi oggi sentirci commossi dalla voce imperiosa dell’amicizia, se un egual voce, avesse avuto fortuna di persuader prima ad altre coscienze che il pubblicare inopportunamente, con ingiuria al vero e ferita alla carità, scritti privati e confidenziali, spira assai poco di quella fragrante cortesia, il cui benedetto nome tra tanto vapore di perifrasi e di superlativi suole a’ di’ nostri esalare dai santi-petti di certi arbitri della italica letteratura. — Né di nudi argomenti si aiuterà la difesa contro l’acerbo decreto: documenti vittoriosissimi soccorreranno a palesar tali fatti, che, risaputi dagli uomini di buona volontà, riporranno più di una fama nel suo giusto dovere. — Non tutti i gentili italiani conobbero, per fermo, il convizio: non tutti i culti lo confermarono: non tutti i generosi fecergli plauso: ma a tutti insieme s’indirizza quì una preghiera: e questa è, di entrar nell’esame, e deliberar poi da quale spirito potesse movere il sacrificio di ogni riguardo sociale alla importanza di mandare una pagina di più a un libro di colletta.» Eccovene l’esemplare che m’avete mostrato desiderare. Questa è la introduzione. Il libro però per certi motivi cadetti non vedrà più luce: si componeva di tali elementi che avrebbero forse suscitato fra’ letterati una guerra che, me vivo, voglio evitare. Quel che ho scritto e i documenti di quello si troveranno, me morto, fra’ miei scartafacci romiti.

Del resto la salvezza da morte verrà d’altra parte senza concorso di scandali. Dunque silenzio sino all’anno...; qui va inserito l’anno mortis nostrae, amen, che pure una cifra la darà per riempir la lacuna: — Sciarada alla Signora Vincenza Perozzi.

 

«Città greca è il mio primo illustre al mondo:

Si fa bianco per gli anni il mio secondo:

Penetra il tutto mio dentro il cervello

Od in un buco che il tacere è bello».

 

(Del fu Giulio da Pesaro)

 

Quelli tali sillabe che crescevano a Morro, e crebbero in via, crescono sempre e sono arrivate a 47,740. Questo esercito ha alla testa un proemio oratione soluta. Giunto a 154,000, andrà a battersi col futuro allorché il presente sarà divenuto passato. Chi leggesse questi enigmi e non ne avesse la chiave, direbbe: per lo santo nome di Dio, che costui di scrittore gli è un carbonaio! Domine, fallo Tristo! È tardi ed io voglio andare al teatro. Dunque, fuori i saluti. Vi ringrazio di quelli che mi avete fatti, e ripeteteli. E fuori la firma. Eccola

 

Il vostro quel che volete

Calossi

Il primo giorno fra l’ottava della Befana del 1832

* * *





Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License