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Bernardo Dovizi detto Bibbiena La Calandria IntraText CT - Lettura del testo |
SCENA VENTITREESIMA
Calandro, Lidio maschio, Lidio femina.
CALANDRO Oh, felice giorno per me! che non ho prima el piè fuor de l'uscio che vedo apparire il mio galante sole e verso me venire. Ma, oimè!, che saluto gli darò io? Dirò: «Buon dí»? non è da mattina. «Buona sera»? non è tardi. «Dio t'aiuti»? saluto da vetturali. Dirò: «Anima mia bella»? non è saluto. «Cor del corpo mio»? detto da barbieri. «Viso de angioletta»? par da mercante. «Spirito divino»? Non è bevitrice. «Occhi ladri»? mal vocabulo. Oimè! la m'è già adosso.
Anima... cor... vis... spi... occh...
Cancher ti venga! Oh, castron che io sono! Avevo fallito. E ben ho fatto a bastemiar quella: perché questa qua è Santilla mia, non quella.
Buon dí... volsi dir: buona sera.
In fede mia, la non è dessa: m'ingannavo. La è questa qui. Mai non è ella. È pur quella: lassami ire da lei. Anzi, è pur questa. Parole! Ell'è quella. Or questa è la vita mia. Anzi, è pur quell'altra. Anderò da lei.
LIDIO MASCHIOPillera! Questo matto mi stima donna; et è di me innamorato; e mi verrà drieto fino a casa sua. Torniamo pur a casa nostra. Spoglierommi e, piú al tardi, torneremo da Fulvia.
CALANDRO Eimè! Lei non è dessa. Infin, l'è quella che è andata là per la strada. Meglio è trovarla.
LIDIO FEMINAOr che questa bestia non può vederci, entriamo in casa presto. E vedi là, drento all'uscio, Fulvia che ci accenna. Drento, su!