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Bernardo Dovizi detto Bibbiena La Calandria IntraText CT - Lettura del testo |
SCENA QUARTA
Samia, Fessenio, Lidio Femina, Fannio.
SAMIA Oimè! uh! uh! uh! trista me! Oh! povera patrona mia, che, in un tratto, svergognata e ruinata sei!
FESSENIO Ch'hai tu, Samia?
SAMIA Oh, sventurata Fulvia!
FESSENIO Che cosa è questa?
SAMIA O Fessenio mio, ruinati semo.
FESSENIO Che?
SAMIA Li fratelli di Calandro hanno trovato Lidio tuo con Fulvia, e mandato per Calandro e per li fratelli di lei, che venghino a casa per svergognarla; e forse poi uccideranno Lidio.
FESSENIO Oimè! Che cosa è questa? Oh, sventurato patron mio! Lo hanno preso?
SAMIA Non già.
FESSENIO Perché non si è fuggito?
SAMIA Perché Fulvia pensa, prima che Calandro e li fratelli di lei si trovino e a casa arrivino, che il negromante lo faccia di nuovo femina, e cosí levare la vergogna a sé e il periculo a Lidio; ove che, se esso fuggendo si salvasse, Fulvia vituperata resteria. Però, volando, mi manda al negromante per questo conto. Adio.
FESSENIO Odi. Fermati un poco. In che luogo di casa è Lidio?
SAMIA Egli e Fulvia, nella camera terrena.
FESSENIO Non ha, drieto, la finestra bassa?
SAMIA Potria per lí andarsene a posta sua.
FESSENIO Non per questo ne domando io. Dimmi: sarà ora chi impedisca ad alcuno lo ire là drento a detta camera?
SAMIA Quasi nissuno. Tutti son corsi, al rumore, all'uscio della camera.
FESSENIO Samia, questa cosa del negromante è pazzia. Se brami salvare la patrona, torna a casa e, con buon modo, leva de l'andito se alcuno per sorte vi fusse.
SAMIA Farò quel che di'; ma guarda che la cosa non se ruini affatto.
LIDIO FEMINAEimè! Fessenio mio, voglia il cielo che in uno stante ritrovato e riperduto mio fratello non abbia, e che ad un tempo renduta la vita e data la morte non mi sia.
FESSENIO Qui non bisogna lamenti: il caso ricerca che il rimedio sia non men presto che savio. Nessun ci vede. Piglia i panni di Fannio, e i tuoi da' a lui. Su! presto!... Oh! cosí!... Piglia questo: metti, su... Cosí stai ben troppo. Non dubitare, meco ne vieni. Tu, Fannio, aspetta; a te, Santilla, mostrarotti quanto ad affar hai.
FANNIO In che travaglio ha posto la fortuna il caso di questi due, fratello e sorella! Sarà oggi il maggior affanno o la maggior letizia che avessin mai, secondo che la cosa se butterà. Ben fece il cielo l'uno e l'altra simili, non pur di apparenzia, ma ancor di fortuna. Sono amendue in loco che forza è che uno abbia quel bene e quel male che arà l'altro. Sin che il fine non vedo, né allegrar né attristar mi posso; né timor certo né certa speranza in cor mi siede. Or piaccia al cielo che la cosa a quel fin si riduca che Lidio e Santilla di tanto travaglio e periculo eschino. Io, aspettando quel che avvenir di questo fatto deve, qua da parte mi ritirerò soletto.