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Bernardo Dovizi detto Bibbiena
La Calandria

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SCENA TERZA

 

Lidio, Fessenio servo

 

LIDIO Or parla.

FESSENIO Calandro, marito di Fulvia tua amorosa e patrone mio posticcio, che castrone è e tu becco fai, mentre che tu, li passati, da donna vestito, Santilla chiamatoti, andato da Fulvia e tornato sei, credendo che tu donna sia si è forte di te invaghito, e pregatomi che io faccia che egli ottenga questa sua amorosa: la qual sei tu. Io ho finto averci fatta grande opera; gli ho dato speranza di condurla, ancor oggi, alle voglie sue.

LIDIO Questa è ben cosa da ridere. Ah! ah! ah! E or mi ricordo che, l'altro , tornando io da Fulvia in abito di donna, mi venne drieto un pezzo: ma non pensai che fusse per innamoramento. Si vuol mandarla innanzi.

FESSENIO Ti servirò bene, lassa fare a me. Gli mostrerò di novo aver fatti miraculi per lui; e sta' sicuro, Lidio, che egli piú crederrà a me che io non dirò a lui. Gli do spesso ad intendere le piú scempie cose del mondo, per ciò che gli è il piú sufficiente lavaceci che tu vedessi mai. Potrei mille sua castronarie raccontarti; ma, acciò che io non vada ogni particularità narrandoti, egli ha in sé profonde sciocchezze che, se una sola di quelle fusse in Salamone, in Aristotele o in Seneca, averebben forza di guastare ogni lor senno, ogni lor sapienza. E quello che sommamente mi fa ridere delli fatti suoi è che gli pare esser bello e piacevole che e' s'avisa che, quante lo vedeno, subito se innamorino di lui, come se altro piú bel fante di lui non si trovasse in questa terra. In fine, come il vulgo usa dire, se mangiasse fieno sarebbe un bue: perché poco meglio è che Martino da Amelia o Giovan Manente. Onde facil ci fia in questo suo amorazzo condurlo a quel che noi piú vorremo.

LIDIO Ah! ah! ah! Io sono per morir delle risa. Ma dimmi: credendo esso che io sia femina, e maschio essendo, quando esso fia da me, come anderà la cosa?

FESSENIO Lassa pur questa cura a me, ché tutto ben si condurrà. Ma, oh! oh! oh!, vedilo . Va' via, ché teco non mi veda.

 

 

 




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