Quando si parla di ‘cultura’ ci si trova dinanzi a
descrizioni molto estese, tali da coincidere con l’intera gamma delle attività
umane, dai molteplici rapporti tra l’uomo e la natura (procacciarsi e
conservare il cibo, assicurarsi il riparo dalle forze naturali, i diversi modi
con cui l’uomo domina e controlla l’ambiente naturale) alle interazioni tra
simili e tra diversi gruppi sociali, tra i sessi, tra anziani e giovani, ecc.,
fino all’organizzazione politica e religiosa e agli atteggiamenti di fronte alla
vita e alle valutazioni o visioni del mondo e della realtà (etica, estetica,
religione). Tali definizioni hanno il carattere di universalità (un’idea
generale dell’umanità e della capacità di scambio) che sembra in contrasto con
una modalità relativista di concepire la cultura come una combinazione
di diverse culture e sub-culture particolari che possono portare ad una vera
localizzazione (localismi, nazionalismi, regionalismi, etnocentrismi, ecc.)
della dimensione universale della cultura. 9
«Il processo di
globalizzazione suggerisce due immagini di cultura: la prima immagine implica
l’estensione al di fuori di una particolare cultura verso il proprio limite, il
globo. Culture eterogenee si incorporano e si integrano in una cultura
dominante che alla fine ricopre il mondo intero. La seconda immagine si
riferisce alla compressione delle culture: elementi precedentemente isolati
sono ora portati al contatto e alla giustapposizione. Le culture si ammassano
l’una sull’altra senza chiari principi organizzativi, troppa è la cultura da
ordinare e organizzare in sistemi coerenti di credenze, in strumenti di
orientamento e conoscenza pratica».10
Tutto ciò ripropone
in maniera drammatica il problema dell’identità
etnica (o etnicità) che va salvaguardata in primo luogo dalle minacce di
‘costruzioni mentali’ - spesso di natura ideologica o politica - tendenti o ad
omologare oppure a dividere/separare (noi
Û loro) ciò che invece va ricomposto in unità.
Il processo di
enfatizzazione dei tratti culturali idiosincratici (identità etnica), infatti, è pericoloso se non si tiene conto della
dinamica di cambiamento cui sono sottoposte le identità: un continuo processo
di definizione e di ‘riaggiustamento’ nella direzione di un’ulteriore
differenziazione dalle altre identità (o di fusione) nel contatto e nello
scambio con ‘l’esterno’ con altre culture (interno/esterno, identità/apertura). Non è
facile gestire pedagogicamente l’armonico equilibrio tra bisogno di
identità/appartenenza e bisogno di apertura ad altre culture, tra educazione
nazionale ed educazione alla mondialità. Ogni identità, che è concepita in
maniera omogenea e totalizzante, sia essa individuale o comunitaria, è
pericolosa o falsa: può diventare uno strumento in mano ai movimenti ideologici
o politici che pretendono di definire l’identità in maniera predeterminata, per
opposizione ed esclusione nei confronti di altri gruppi ed individui.
É indispensabile
allora ripensare l’identità in maniera
pluralista e dinamica, dal momento che essa condiziona il modo con cui le
persone e i gruppi si pensano, si definiscono nelle loro somiglianze/differenze
con altri individui e gruppi, e si relazionano.
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