Ogni vocazione, in
quanto processo dinamico di crescita, si realizza nel contesto della vita e
della maturazione di ogni persona. Gli stadi della crescita umana (le stagioni
della vita) coincidono con la crescita vocazionale, spesso ne connotano il tono
oppure ne ritardano il ritmo evolutivo. Si suppone perciò che le mete evolutive essenziali per divenire
‘adulti’ siano raggiunte e i compiti di
sviluppo propri di ogni età della vita siano attuati.
La formazione, allora,
consiste in questo processo di crescita e maturazione che si compie mentre la
persona risponde all’appello di Dio: un processo di unificazione personale e di
costruzione di una ‘identità’ (Cf PI 6; VC 65) che si realizza attraverso alcuni passaggi fondamentali:
Nel cammino di
costruzione della propria identità vocazionale carismatica è necessario
innanzitutto un processo di consolidamento della propria identità personale e
culturale. La/il giovane che entrano nell’Istituto portano con sé un bagaglio
di esperienze e di motivazioni che sostanzialmente si riferiscono ad una
identità personale e culturale già delineata. Nell’impatto con nuove identità
si tratta, quindi, di ri-definire la
propria identità: si suppone che la persona abbia già una certa definizione di se stessa, che cioè abbia
risposto alla domanda fondamentale 'Chi
sono io?' ed abbia raggiunto una certa stabilità (non si mette in
discussione ogni volta e non cambia identità in ogni ambiente, relazione o
situazione in cui si viene a trovare).
L’identità
personale giunge a maturazione quando la persona diventa capace di relazioni mature
e giunge a fare una scelta di vita stabile e una scelta di valori
significativi; sicché la scoperta della propria vocazione e la progressiva
certezza della chiamata completano la formazione dell’identità. Rispondere alle
domande: Che senso ha la mia vita? In
quale direzione devo orientare la mia esistenza? Per chi e per che cosa
impegnare le mie energie? conduce la persona a scoprire la propria
vocazione (Cosa vuole Dio da me?) e
quindi ad acquisire una ‘nuova identità’:
l’identità vocazionale.
Nel tempo
della formazione iniziale l’identità vocazionale si consolida progressivamente
fino a che la persona giunge all’interiore certezza di essere chiamata da Dio,
alla consapevolezza che è proprio questa la scelta che dà senso alla sua vita.
L’appello di Dio
raggiunge la persona nella sua concretezza storica, nelle sue disposizioni e
attitudini umane. Se è vero che la persona si unifica interiormente divenendo
sempre più se stessa (identità personale)
secondo ciò che è chiamata ad essere (identità
vocazionale), è altrettanto vero che tutto ciò non si realizza in astratto,
ma all’interno di un percorso di conoscenza e di assimilazione di una vocazione specifica e ‘dentro’ un
peculiare carisma (identità carismatica).
L’identità carismatica allora diventa un
traguardo evolutivo di crescita che però ha bisogno di un percorso mirato, di
tappe e di mete intermedie articolate in una logica di progressività. É
importante in primo luogo chiedersi cosa è l’identità carismatica per poi
individuarne i percorsi di formazione. Essa può essere descritta come
un’identità che si costruisce sulla base dei valori e degli ideali espressi dal
carisma dell’Istituto. Non esiste come realtà a sé stante, separata cioè dalla
persona che la vive. Il carisma, come dono dello Spirito, ha una sua
consistenza obbiettiva, ma si fa visibile e concreto quando s’incarna nelle
persone, nelle strutture, nelle opere e in progetti concreti. L’identità
carismatica è tale solo se si riferisce al carisma e si struttura intorno ai
valori vocazionali del carisma. Ciascuna perciò deve integrare nella sua
identità personale i valori, le scelte e le indicazioni carismatiche implicite
nella vocazione alla quale si sente chiamata. Questo cammino non è facile, né
automatico: implica la fatica di un’assunzione graduale realizzata a livello
personale nell’esperienza quotidiana, esige una ristrutturazione di
atteggiamenti e di comportamenti che non sempre è priva di conflittualità e di
dolore.
Crescere nell'identità deve essere una
preoccupazione costante che sollecita una formazione continua e permanente.
Sovente si osservano degli arresti dell’identità, sia nella seconda che nella
terza età, allorquando ci si trova a dover assumere una nuova prospettiva
dell’esistenza, specie in relazione ai vari cambiamenti (culturali e non).
Questo implica l’abbandono delle precedenti ’identità’, se non addirittura una
rottura, per integrare le nuove strutture e relazioni derivanti dalla mutata
situazione. Ciò provoca una vera e propria crisi,
perché la persona deve passare attraverso la dolorosa esperienza di
ristrutturazione, con tutto il disagio e l’ansia che essa comporta.
Diversamente, se non si riesce a giocare la propria realtà personale ’nuova’
con se stessi, con i giovani e poi con tutti gli altri, si corre il rischio di
irrigidirsi e di impoverirsi sul piano personale, fino a giungere a forme di
disadattamento, di depressione e/o alienazione.
Il mettersi a confronto con «l’arcipelago
delle nostre tante identità distribuite nel corso del tempo»20 diventa un percorso
obbligatorio, in quanto sollecita processi di consapevolezza di sé e di
riconciliazione che sfociano poi nell’unificazione di sé.
Se non ci si misura con le varie
‘identità’ richieste dalle diverse età della vita, il cammino di crescita
nell’identità viene impedito, ma anche la vocazione rimane, in qualche modo,
accartocciata e frenata. Ne sono segni evidenti: l’infantilismo, l’iperattività
e la conseguente depressione da stress, il protagonismo individualistico, ecc.,
da cui deriva una serie di difficoltà sul piano personale e soprattutto
comunitario. In questa prospettiva molte crisi vocazionali nella seconda o
terza età vanno interpretate come arresti di crescita dell'identità.
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