Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Giulio Cesare Croce
Bertoldo e Bertoldino (Cacasenno di A. Banchieri)

IntraText CT - Lettura del testo

  • Le sottilissime astuzie di Bertoldo. Nuovamente reviste e ristampate con il suo testamento nell'ultimo e altri detti sentenziosi che nel primo non erano
    • Sier Cerfoglio legge il testamento.
Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

Sier Cerfoglio legge il testamento.

 

Al nome del buon cominciamento, e sia in bene; vedendo e conoscendo io Bertoldo figliuolo del quondam  Bertolazzo, del già Bertuzzo, di Bertin, di Bertolin da Bertagnana, che tutti noi mortali siamo proprio come tante vessiche gonfie che ogni picciola pontura le manda a spasso, e che come l'uomo giunge agli settant'anni, come oramai io mi ritrovo, si può dire che sia sulle ventitre ore e che non possa stare a battere le ventiquattro, e poi buona notte. Però fin ch'io mi trovo un poco di sale nella zucca voglio accomodare alquanto i fatti miei con fare un poco di testamento sì per mia sodisfazione, come anco per sodisfare a' miei parenti e amici ai quali io mi trovo esser obligato; e così voi, Sier Cerfoglio, sarete pregato di rogarvi di questo mio testamento e mia ultima volontà e prima.

Lasso a mastro Bartolo ciavattino le mie scarpe da quattro suole, e otto soldi di moneta corrente per essermi stato sempre amorevole e avermi più volte prestato la lesina da trappongere i tacconi e fatto altri servigi, etc.

Item  a mastro Ambrogio spacciator di corte soldi diece per avermi più volte portato il braghiero a far conciare e fatto altri servigi, etc.

Item  a barba Sambuco ortolano il mio cappello di paglia per avermi talora dato un mazzo di porri la mattina a buona ora per fare buon stomaco e aguzzarmi l'appetito.

Item  a mastro Allegretto canevaro la mia correggia larga e il scarsellotto, per avermi empito il bottrigo ogni volta che io ne avea bisogno, e fatti altri servigi, etc.

Item  a mastro Martino cuoco il mio coltello e la mia guaina per avermi alcune volte cotto delle rape sotto le cernici e fatto della minestra de fagiuoli con della cipolla, cibo conferente alla mia natura più assai che le tortore, le pernici e i pastizzi, etc.

Item  alla zia Pandora bugattara il mio pagliarizzo dove dormo suso e due scaranne, desligate e tre brazza di tela da farsi due grembiali, e questo per avermi più volte lavato i scalfarotti e tenuto nette le mie massarizie, etc.

Item, il resto de' strazzi, tattare e ciangatole ch'io mi trovo nella camera, rinuncio e lascio a mastro Braghetton solfanaro, per avermi talora portato a donare un castagnaccio e altre cosette uguali al mio gusto, etc.

Item, lasso a Fichetto ragazzo di corte stafillate numero venticinque con un buon stafile per avermi forato l'orinale e fattomi pisciare nel letto e attaccatomi un chiocchetto overo zaganella di dietro e orinato in una scarpa e fattomi molte altre burle; e questo bramo sia essequito quanto prima etc., perché egli è un gran tristo, etc.

Re.  Di questo non si mancherà etc. Seguitate pur innanzi, Sier Cerfoglio.

Notaro.  Item, perché quando venni qua giù, che ne foss'io digiuno, io lasciai la Marcolfa mia moglie con un figlio chiamato Bertoldino che deve aver da diece anni in circa, né però mi lasciai intendere dov'io mi gissi acciò non mi tenessero dietro, non avendo mostacci da comparire in questi luochi, parendo più tosto babuini che altro, e trovandomi aver un podere e certe poche bestiole, lascio la Marcolfa donna e madonna d'ogni cosa fin che il figliuolo abbi venticinque anni, che poi allora voglio sia padrone assoluto d'ogni cosa, con patto che se esso piglia moglie cerchi di non impazzarsi con gente da più di sé.

 

Che non si domestichi con i suoi maggiori.

Che non dia danno ai suoi vicini.

Che mangi quando n'ha, e che lavori quando può.

Che non pigli consigli da gente che sia andata a male.

Che non si lasci medicar a medico amalato.

Che non si lasci cavar sangue a barbiero che gli tremi la mano.

Che dia suo dovere a tutti.

Che sia vigilante ne' suoi negozi.

Che non s'impacci in quello che non gl'importa.

Che non facci mercanzia di quello che non s'intende.

E sopra il tutto ch'ei si contenti del suo stato, né brami di più, e consideri che molte volte l'agnello va innanzi la pecora, cioè che la morte ha la balestra in mano per tirare tanto a' giovani quanto a' vecchi; che se pensarà a tutte queste cose, non inciamperà mai in cosa che gli possa dar danno, e farà felice ed ottimo fine.

Item, non mi trovando altro, poiché non ho voluto accettar mai nulla dal mio Re, il quale non ha mancato di persuadermi a prendere da lui anelli, gioie, danari, veste, cavalli e altri ricchi presenti, perché forse con simili ricchezze non avrei mai posato e forse ancora avrei fatto mille insolenze, e fattomi odioso a tutti, come alcuni che, di bassi e vili che sono, ascendono per fortuna a gradi alti e sublimi, né però con tante dignità non escono fuora del fango del quale sono impastati; io mi contento di morir povero e sapere ch'io non ho mai usato adulazione al mio Re, ma sempre consigliatolo fedelmente in ogni occasione ch'egli mi ha chiamato, parlando liberamente secondo che io l'ho inteso, e non altrimente. E per mostrargli parimente in quest'ultimo fine l'affetto ch'io gli porto, gli lascio questi pochi di documenti, i quali non si sdegnarà accettare e osservare insieme, ancor ch'essi eschino fuor della bocca di un rustico villano, e sono questi, cioè:

Di tenere la bilancia giusta, tanto per il povero, quanto pel ricco.

Di far veder minutamente i processi, inanzi che si venghi all'atto del condennare.

Di non sentenziare mai nessuno in colera.

Di farsi benevoli i suoi popoli.

Di premiare i buoni e i virtuosi.

Di castigare i rei.

Di scacciar gli adulatori, i gnattoni e le lingue mal dicenti che mettono fuoco per le corti.

Di non aggravare i suoi sudditi.

Di tenere la protezzione delle vedove e pupilli, e difendere le loro cause.

Di espedire le liti, né lasciare stracciar i poveri litiganti, né farli correre in su e giù per le scale del foro tutto il giorno.

Che osservando questi pochi ricordi viverà lieto e contento, e sarà tenuto da tutti per ottimo e giusto Signore, e qui finisco.

 Udito il Re il prefato testamento e gli ottimi ricordi a lui lasciati, non puoté fare che non mandasse le lagrime fuor degli occhi, considerando alla gran prudenza che rognava in costui e l'amor e la fedeltà che esso gli avea portato in vita e dopo la morte. E così, fatto donare a Sier Cerfoglio cinquanta ducati, lo licenziò; poi, secondo che il Magno Alessandro conservò fra le più care e preciose gioie l'Iliade d'Omero, così esso fece riporre il detto testamento fra le sue più ricche e pregiate gemme; poi cominciò a fare instanza che si trovasse dove fosse il suo figliuolo Bertoldino e la Marcolfa sua madre e che si conducessero alla città, che per ogni modo gli voleva appresso di lui, per memoria del detto Bertoldo; e così espedì alquanti cavalieri che l'andassero a cercare per quei monti e boschi vicini e che non tornassero a lui se non gli avevano con essi.

Così si partirono i detti cavalieri, e tanto andarono girando attorno che li trovarono. Ma di quello che ne seguì, s'udirà in un altro volume, e presto, che questo non passa più oltre per ora, lasciandovi intanto il buon giorno. Addio.





Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2008. Content in this page is licensed under a Creative Commons License