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Giulio Cesare Croce
Bertoldo e Bertoldino (Cacasenno di A. Banchieri)

IntraText CT - Lettura del testo

  • Le piacevoli e ridicolose semplicità di Bertoldino. figliuolo del già astuto e accorto Bertoldo con le sottili e argute sentenze della Marcolfa sua madre e moglie del già Bertoldo   Opera tanto piena di moralità quanto di spasso
    • La Marcolfa si risolve d'andare con Bertoldino alla città.
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La Marcolfa si risolve d'andare con Bertoldino alla città.

 

Marcolfa.  Orsù, io mi risolvo di venire ancor io teco, acciò che tu possi far bene, e che tu non perda tanta ventura. Ma innanzi ch'io mi parta io voglio raccomandare la casa nostra a questa vicina qui appresso, la quale n'abbi custodia fin al nostro ritorno, se mai più tornaremo qua su.

Bertoldino.  E io a chi lascierò le mie capre?

Marcolfa.  A lei ancora le lascierai.

Bertoldino.  No, no, io me le voglio condurre innanzi con il mio bastone.

Erminio.  Non occorre che tu meni la giù caprebecchi, ché ve ne son in abbondanza.

Bertoldino.  Vi son delle mandre di vacche ancora colà giù?

Erminio.  Sì, ti dico, e assai più copia di qua su. Vieni pur via allegramente.

Bertoldino.  Eccomi dunque pronto a lasciar queste, poiché la giù non ne mancano dell'altre. Orsù, mia madre, rinunciate le mie capre ancora alla nostra vicina, e sbrighiamoci in un tratto.

Marcolfa.  Adesso adesso sarò alla via.

 Così la Marcolfa raccomandò la casa alla sua vicina, che ne tenesse cura fin al suo ritorno, e messe un poco di stoppa e quattro fuse e due ciavatte in una sporta, e tolto la gatta e una gallina, ch'ella avea, l'una in una sachetta e l'altra in grembo, s'inviò co' detti gentiluomini alla volta della città; i quali, volendo metter Bertoldino a cavallo, non poterono mai fargli aprirle gambe, onde gli convenne porlo così a traverso della sella come un sacco di grano, e così cavalcando di buon passo, lasciando la Marcolfa venire a sua commodità, gionsero alla città, dove che, andato la nuova al Re di tal venuta, subito gli uscì incontro con tutta la sua corte, e vedendo costui a traverso di quel cavallo incominciò fortemente a ridere, e poi disse ad Erminio:

Re.  Che fagotto è quello che tu hai a traverso di quel cavallo?

Erminio.  serenissimo Signore, questo è Bertoldino, figliuolo di Bertoldo, il quale avemo trovato sopra questi alpestri monti, in un luogo aspro e selvaggio, e vien con esso la madre di lui ancora, e sarà qua presto, perché ella camina di buonissimo passo.

Re.  Perché non avete voi messo costui a cavallo come si fanno gli altri?

Erminio.  Perché mai non v'è stato possibile, con tutto ciò che noi abbiamo fatto ogni sforzo per metterlo in sella, ch'esso mai abbia voluto aprir le gambe, onde s'abbiamo voluto condurlo, ha bisognato metterlo così a traverso, come fanno i macellai i vitelli che vanno a torre in villa, e credo che la Corona vostra avrebbe fatto ben a lasciarlo star a casa sua, ch'è più grosso dell'acqua de' macheroni e se gli darebbe a creder che gli asini volassero, e volea al dispetto del mondo condurre le sue capre qua giù, e avemo durato fatica grande a levarlo dalle castagne e dalle ghiande.

Re.  Orsù, non importa, toglietelo giù di quel cavallo, che gli devono essere venute le budelle in bocca, e fate destramente, che voi non gli fate male. Veramente all'effigie non può negare di non esser figliuolo di Bertoldo; e come dite voi ch'ei si chiama per nome?

Erminio.  Bertoldino è il nome suo, e la madre Marcolfa, la quale è questa che viene in qua, ed è donna molto accorta e d'assai sottile ingegno; ma costui è bene il rovescio della medaglia, sì del padre come della madre ancora.

 

 

 

 

 

 




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