ERMINIO
E CACASENNO
Erminio.
Bisogna scendere, se vuoi cavalcare.
Cacasenno.
Io non potrei star meglio. Non avete voi detto che il Re e la Regina v'hanno
mandato a casa nostra acciò mi conduceste a casa loro?
Erminio.
L'ho detto, è vero, che vuoi dir per questo?
Cacasenno.
Pigliate dunque voi la briglia del mio cavallo e conducetemi, ché in questo
modo ubbidirete i padroni, ed io non vedrò i pericoli che devo passare.
Erminio.
Oh, questa sì vale il resto del carlino! Invero, ho preso a menar l'Orso a
Modena!
Accidentalmente
passando un Contadino, che veniva anch'egli alla Città Regale, Erminio fece
condurre il cavallo di Cacasenno così a mano, e cavalcando in tal guisa,
giunsero alla Porta della Città. Erminio ordinò al Contadino, che così lo
conducesse sino alla porta del Palazzo, ed ivi lo aspettasse; poi diede alcuni
di quei soldati che stavano alla Porta, acciò lo accompagnassero per guardia,
temendo che i ragazzi non lapidassero per la Città Cacasenno con pomi e torsi;
intanto Erminio, dato de' sproni al suo cavallo, giunse in Palazzo, e trovò il
Re e la Regina ch'erano ad un balcone per veder la venuta di questo bell'umore
(già descrìttoli dal servitore di Erminio), e qui raccontando detto Erminio
frettolosamente quanto gli era successo per istrada, un'ora parevagli mille
anni, che comparisse. Intanto giunse, e vedendo le Regie Corone venire la
Marcolfa filando, con quel Contadino che conduceva Cacasenno a rovescio sopra
il cavallo, accompagnato con gridi e fischiate da moltitudine di ragazzi, il Re
e la Regina di tale vista ne presero grandissimo piacere, e giunti in Palazzo
fecero introdurre a loro questo ridicoloso spettacolo. Entrando pertanto la
Marcolfa dinanzi le Regie Corone con ripetuti inchini, fu prevenuta dal Re.
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