REGINA
E CACASENNO
Regina.
Perché sei così impiastricciato, il mio Cacasenno?
Cacasenno.
Perché ho merendato; vorrei mo' che facesti dare venticinque bastonate a
costui, perché il Re gli ha ordinato mi facci dar da bere, ed egli non l'ha
obedito; di grazia, fatemi insegnare la fontana, che sono gonfio come una
vescica di porco.
Regina.
Invero ti sei bene rassomigliato, ed appunto non hai altra ciera adesso, che
quella che tu hai detto.
E facendosi
la Regina raccontar il successo da Attilio, rise assai, poi ordinò che lo
conducesse a bere, e poi dalla Marcolfa. Era di già giunta la Marcolfa alle sue
stanze, né ritrovando Cacasenno tutta si rammaricava; e mentre stava in tal
disgusto ecco Attilio con Cacasenno; onde inteso la Marcolfa il successo della
colla disse: Povera me, questa pecora balorda mi ha svergognata per la Corte; e
volendogli lavar il grugno, era così tenace la colla e talmente se gli era
attaccata sul viso e sulle mani, che bisognò far bollire dell'acqua per
lavargliela. Prese intanto risoluzione la Marcolfa andare dal Re e Regina a
chiedergli licenza per tornare con il suo Cacasenno in montagna, siccome fece;
e avendo lasciato Cacasenno in custodia al Servo, trovò ambedue le Corone
insieme, e giunta che fu, con fargli un bell'inchino, così disse:
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