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Giulio Cesare Croce Bertoldo e Bertoldino (Cacasenno di A. Banchieri) IntraText CT - Lettura del testo |
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Il Re si pente di aver detto male delle donne, onde torna di nuovo a lodarle.
Re. Tu sei stato un grand'inventore, ma però di malizia, e tu hai quasi causato un gran disordine oggi, e hanno avuto mille raggioni, non che una, a muoversi ad ira contro di me; e non potevo credere che il sesso donnesco fusse così privo di cervello che si movesse a far tanto rumore senza grandissima cagione; e qual maggior occasione di questa gli potevi tu dare a farle irritare verso di me? E a me parimente hai dato occasione di dire contro di loro quello ch'io non vorrei aver detto per tutto l'oro del mondo; e ne son dolente e pentito, e torno a dire che la donna è un fonte di virtù, un fiume di bontà, un giardino di costumi, un monte di benignità, un prato di gentilezza, un campo di cortesia, un specchio di prudenza, una torre di magnanimità, un mare di pudicizia, e un fermo scoglio di costanza e di fermezza. Però chi vuol essere mio amico non dica male delle donne, perch'elle non offendono alcuno, non portano armi, non cercano risse, ma sono tutte mansuete, placide, benigne e quiete, amabili e ornate di tutte le creanze, si ché non incitar più l'ira mia verso di loro perché io ti farò dare condegno castigo. Bertoldo. Io non toccherò più le corde di questa cittera, ma attenderemo ad altro e saremo amici. Re. Sì, perché dice il proverbio: sta' discosto all'acqua corrente e da can che mostra il dente. Bertoldo. Ancora, l'acqua cheta e l'uomo che tace, non mi piace.
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