Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Giulio Cesare Croce Bertoldo e Bertoldino (Cacasenno di A. Banchieri) IntraText CT - Lettura del testo |
|
|
Bertoldino entra nel cesto dell'oca a covare in cambio di lei.
Fatto Bertoldino questa bella galanteria torna a casa e vede l'oca che sta in un cesto grande a covare l'ova, e la fece levar su, ed esso entrò nel detto cesto in atto di covare, e alla prima ruppe tutte le ove con il podice, ed erano oramai per nascere i pavarini. E così stando nel detto cesto, giunse la Marcolfa, la quale non avea altrimenti cercato pescatori da rane, sapendo ella che non era possibile a pigliarle tutte, ma era stata dalla Regina a darle alquanto di trattenimento, e ancora per passare un poco d'affanno ch'ella avea delle gran balorderie di costui; e giunta a casa (come vi dico) batté all'uscio chiamando Bertoldino, che gli aprisse, dicendo: Marcolfa. Bertoldino, o Bertoldino, vieni, aprimi l'uscio. Bertoldino. Io non posso venire. Marcolfa. Perché non puoi venire? Dove sei tu? Bertoldino. Io sono nel cesto dell'oca. Marcolfa. E che fai tu in quel cesto, ribaldo? Bertoldino. Io covo i pavarini. Marcolfa. Tu covi i pavarini? O meschina me, tu averai rotte tutte le ove. Vieni aprir quest'uscio, in tua mal'ora. Bertoldino. Io non posso venire, dico, perché cominciano a nascere, ch'io ne sento uno che mi dà del becco nelle natiche. Marcolfa. O povera sventurata me, che debbo io fare con costui? Non fosse io mai venuta qua giù con questa bestia. Bertoldino, oh Bertoldino! Bertoldino. Zitto, zitto, mia madre, che l'oca mi guarda. Marcolfa. E vieni aprirmi quest'uscio in tua buon'ora. Bertoldino. Orsù aspettate, ch'io vengo. Così Bertoldino esce fuora del cesto e apre l'uscio a sua madre, la quale, vedendolo così impegolato di dietro di quei tuorli d'ova ch'esso avea rotti nel cesto con le natiche, tutta disperata incominciò a dire: Marcolfa. O traditore, o assassino! Bertoldino. Che cosa avete voi? Marcolfa. Che cosa io ho? Ah, manigoldo che sei, mira qua la bell'opera che tu hai fatto, sporco, bestia! Orsù, io voglio insomma andare a pigliarmi licenza dal Re di tornar sulle montagne, perché noi non siamo degni di tanto bene. O, quanto bene avevaffatto tuo padre a non appalesare al Re, né a niuno, ch'egli avesse figliuoli, perché aveva previsto che tu non saresti stato buono da niente. Guarda qui, bestiaccia, quello che tu hai fatto, che tu mi hai rotto tutte le ova e hai soffocato tutti i pavarini, i quali cominciavano già a nascere, e ti sei sporcato tutte le calcie di dietro. E che dirai tu al Re quando ei ti chiederà che cosa è stato quello che t'ha sporcato così di dietro? Bertoldino. Dirò ch'io ho fatto una frittata alle mie natiche. Marcolfa. O gentil risposta da giovane discreto! Orsù, càvati quelle calcie, ch'io te le voglio lavare, e mettiti queste e vieni, che mangiamo un boccone, ché bisogna che tutti due andiamo alla città. Bertoldino. E che volete voi mangiare, se non v'è pane in casa? Marcolfa. Come, che non v'è pane in casa? Non ve n'era un mezzo sacco? Bertoldino. Sì, che v'era. Marcolfa. Ma dov'è andato? Bertoldino. Non dicesti voi che le rane si pigliavano con i bocconi? Marcolfa. Sì, ti disse. E bene, che vuoi tu dire? Bertoldino. Io ho sminuzzato tutto il pane quale era in casa in bocconi, e l'ho gettato nella peschiera, perch'io volevo pigliar tutte quelle rane con quei bocconi; ma quei maladetti pesci sono corsi e se l'hanno tranguggiato tutto, a tale ch'elle non hanno potuto averne pur un picciolo bocconcino. Ma lasciate, ch'io gli ho fatto una burla, ch'io voglio che voi ridiate un pezzo. Cominciate pur a ridere, mo' ridete, cancaro! Marcolfa. Ch'io rida? Ah, traditore, quest'è un bel principio da farmi ridere, sì, da farmi piangere. E che burla è questa che tu gli hai fatto? Di' su, manigoldo, ch'io m'aspetto un'altra pazzia maggior di questa. Bertoldino. Sapete il sacco dalla farina? Marcolfa. Sì, ch'io lo so. Sta' pur a udire. Bertoldino. Io ero tanto instizzato contra quel pesce, perché egli aveva mangiato il pane a quelle rane, che io ho preso quel sacco di farina e gliela ho gettata tutta negli occhi. Marcolfa. E perché hai tu fatto questo? Bertoldino. Perché io glieli voleva cavare, e credo di averne accecati pur assai, perché io gliene gettavo sulla testa le palate piene, e credo che non vedano più lume. Marcolfa. O balordo, o pazzo, o mentecato che sei! Perché non ti soffocai io nelle fasce subito che fusti nato? O Bertoldo, che diresti se tu fussi vivo, tu che eri un fonte di sentenze, e udire le gran balorderie di questo pecorone? Orsù prepàrati, che io voglio che noi andiamo fino alla città, che il Re e la Regina ti vuol vedere. Bertoldino. Perché non vengono essi qua, se mi vogliono vedere? Marcolfa. Signor sì, toccherà a loro a venire da voi, che siete un gran personaggio, affé. Orsù serra lì quella bocca, e non l'aprire più fino che non siamo tornati a casa, che tu non facci come l'altra volta, che pur volesti aprirla ancorché io t'avessi commesso espressamente che tu la tenessi serrata. Bertoldino. E se il Re mi domandarà qualche cosa, chi volete che gli risponda per me, il mio taffanario? Marcolfa. Parlerò ben io, taci pur tu, bestia, e lascia la cura a me di questo. Bertoldino. Orsù, io la serro. L'ho io ben serrata? Marcolfa. Orsù tienla così, né l'aprir fin ch'io non te lo dico, se non vuoi ch'io ti ricami il vestito con un bastone, tornàti che siamo a casa. Così la Marcolfa e Bertoldino un'altra volta andorno alla città e, giunti che essi furono dal Re, esso gli fece molte carezze, e interrogando Bertoldino come stava, esso tenendo la bocca stretta non rispondeva nulla, onde il Re voltatosi alla Marcolfa disse: Re. Per che causa non mi risponde costui? Ha perduto forse la favella, o gli è venuto qualche strano accidente, ch'ei non possa parlare? Marcolfa. Meglio per lui, ch'ei non avesse mai parlato, perch'egli dice tutto alla riversa, e peggio è che ne fa ancora, e adesso nuovamente n'haffatto una molto brutta, mentre io sono stata fuora di casa. Re. Che cosa ha egli fatto di brutto? Ha forse pisciato nel letto? Marcolfa. Peggio, Signore. Re. Vi ha egli caccato? Marcolfa. Peggio mille volte. Re. Che domine può aver fatto costui? Io non so che si possino far cose più brutte o sporche di queste.
Marcolfa. Quando ve lo dirò, Signore, so che v'alterarete, e con giusta ragione, e meglio sarebbe stato che voi ci avesti lasciati stare là su nelle nostre briccole, che farci condurre qua giù a farci scorgere per due pecore balorde, come in vero noi siamo. Re. E che cosa d'importanza haffatto costui ditelo ormai, che io gli perdono, e sia che grave errore esser si voglia. Così la Marcolfa narra al Re tutto quello che haffatto Bertoldino, cioè di gettare i scudi nella peschiera alle rane, e il pane, e la farina per accecare il pesce, e in ultimo il covazzo dell'oca, e insomma tutte le balorderie ch'egli avea fatte; onde il Re, in iscambio di farli qualche gran riprensione, come meritava, incominciò a ridere di maniera tale che fu forza a gettarsi sul letto, e dopo alquanto di spazio levatosi su, pur tuttavia ridendo disse: Re. Sono queste dunque le gran cose che voi mi volevate dire? Io mi pensava ch'egli avesse fatto qualche gran misfatto; ma questo è nulla, anzi egli haffatto molto bene a insegnare di procedere a quelle bestie. Orsù, questo non importa, non vi mancheranno danari, né pane, né farina, e quello che vi occorrerà: state pur allegri. Marcolfa. Poiché così vi piace, Signore, io non dico più nulla, poiché già ho fatte le mie proteste che costui non ha tutto quel senno che se gli dovrebbe; anzi, perché io so che mai esso non dice cosa a proposito, gli ho fatto commandamento ch'egli non apra la bocca ancora questa volta sin che non siamo tornati a casa, perché temo sempre ch'esso non dica qualche gran stravaganteria. Re. E io di nuovo gli do licenza ch'egli apra la bocca, e che parli. Conducetelo dunque dalla Regina, che ella abbia un poco di spasso; e tu Bertoldino, come sei fra quelle dame, di' alla libera tutto quello che ti pare, e senza rispetto alcuno. Andate.
|
Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2008. Content in this page is licensed under a Creative Commons License |