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Giulio Cesare Croce Bertoldo e Bertoldino (Cacasenno di A. Banchieri) IntraText CT - Lettura del testo |
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Bertoldino taglia l'orecchie all'asino dell'ortolano.
Marcolfa. Fèrmati, o là, che cosa vuoi tu fare? Bertoldino. Io voglio tagliar l'orecchie a questo asinaccio che ci sta ascoltare. Marcolfa. O meschina me! Egli ha tagliato l'orecchie all'asino dell'ortolano. Or che dirà egli? Oh, questa è ben la volta che il Re ci manda a far i fatti nostri; e avrà ragione, o ribaldo, o traditore! Bertoldino. Ribaldo e traditore è quest'asino, che vuol udire i fatti nostri. Ma tu non gli udirai già più, che tu non hai l'orecchie. Marcolfa. Or ecco l'ortolano che viene in qua. Tu l'udirai bene dire il fatto suo, e avrà gran ragione, e converrà che tu gli paghi il suo asino, che gliel'hai abbertonato. Ortolano. Chi ha tagliato l'orecchie al mio asino? Bertoldino. Son stato io. Ortolano. Per che causa? Bertoldino. Perché egli stava a udire tutti i fatti nostri. Ortolano. Orsù, qui non v'è bisogno di buffoni. Io voglio che tu mi paghi il mio asino, e adesso adesso vado a darti una querela innanzi al Re. Marcolfa. Udite, ortolano, non state a dare altramente querela, che io vi sodisfarò. State cheto, e lasciate far a me. Ortolano. No, no. Io voglio che il Re sappia ogni cosa, perché costui l'altro giorno ancora si misse attorno a mia moglie, e vi fu da fare a levargliela dalle mani; e non vorrei che un giorno gli saltasse l'umore e che me ne facesse una che mi pelasse più che alcuna di queste. Alla città, alla città!
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