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Giulio Cesare Croce Bertoldo e Bertoldino (Cacasenno di A. Banchieri) IntraText CT - Lettura del testo |
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ERMINIO E CACASENNO
Erminio. Che fai, il mio bel fanciullino? Cacasenno, Ho fatto colazione adesso adesso. Erminio. Buon principio (dove vai tu? sto con altri); dimmi, come hai tu nome? Cacasenno, Messer no, che non sono un uomo, sono un ragazzo. Erminio. Non ti addimando se sei un uomo, dico il tuo nome: come ti chiami? Cacasenno, Quando uno mi chiama, ed io gli rispondo. Erminio. Volendoti io chiamare, come ho da dire? Cacasenno. Dite come vi pare, ma tenete le mani a voi; perché mi volete cavar gli occhi, sì ch'io vi darò sul capo con questo bastone? non mi conoscete bene. Erminio, facendo de' gesti con le dita mentre ragionava con Cacasenno, questi pensò che gli volesse cavar gli occhi, onde alzò un bastone che aveva in mano e gli voleva dar sulla testa; quivi la Marcolfa corse, e per correzione gli dette uno schiaffo. Cacasenno cominciò così dirottamente a piangere e gridare, che pareva un porchetto quando lo vogliono scannare. A questo rumore, corse la Menghina con un castagnazzo caldo per quietarlo, così dicendo: Menghina Che hai che gridi, il mio Cacasennino? Cacasenno. Uh uh, la Nonna, uh uh, mi ha dato, perché mi son difeso, uh uh, da questo uomo che mi voleva cavar gli occhi con le dita, uh uh. Menghina. Orsù taci, il mio Cacasennino, che stasera manderemo la Nonna scalza in letto. Erminio. Non è vero, il mio Cacasenno, che io ti volessi cavar gli occhi: orsù vieni, e piglia il quattrino, su, facciamo pace; oh che bel quattrino! Cacasenno vedendo il quattrino si rappacificò, e nel pigliarlo Menghina gli disse: baciati il ditino e di' nonna; il che fece Cacasenno. Erminio intanto, mirandolo, non poteva contenersi dal riso, e sentiva gusto del piacere che ne avrebbero preso il Re e la Regina. Questo Cacasenno era grosso di cintura, aveva la fronte bassissima, gli occhi grossi, le ciglia irsute, il naso e la bocca aguzza, che certo assomigliavasi ad un gatto mammone, ovvero ad uno scimiotto; ed essendo ora di mangiare, lavaronsi le mani, andarono a tavola, e finito il desinare, Erminio così disse:
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