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Giulio Cesare Croce Bertoldo e Bertoldino (Cacasenno di A. Banchieri) IntraText CT - Lettura del testo |
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MAGGIORDOMO, E DETTI
Maggiordomo. S appia no, le Regie Corone loro, che nel salir le scale del Palazzo, mentre Marcolfa entrava in sala, questo bamboccio disse a un Palafreniere che si sentia volontà di orinare. Fu egli intanto condotto al luogo di necessità, con sopportazione parlando, ed uscitone fuori non serrò l'uscio della bussola, onde io trovandomi, così gli dissi: Fanciullo, tirati dietro l'uscio, per non sentire il fetore; ed egli, levando l'uscio della bussola dai gangheri, se lo trascina dietro, onde così l'abbiamo introdotto qui a Loro. Re. Dimmi Cacasenno, perché ti trascini dietro quell'uscio? Cacasenno. Che importa a voi di saperlo? Re. M'importa perché sono il padrone di casa. Cacasenno. Se siete il padron di casa, quest'uscio adunque è vostro; ditemi che ne ho da fare. Re. Lascialo andare. Cacasenno. Uscio vattene, che il padrone ti dà licenza; vattene, dico, tu pesi troppo, né ti posso più tenere in ispalla; che sì, uscio, se tu non obbedisci, il padrone di casa ti farà qualche scherzo. A quella semplicità corse la Marcolfa, e levatogli l'uscio di spalla, ordinò a Cacasenno che facesse un inchino al Re ed al la Regina, ed inchinatosi fino a terra, ad ambedue baciasse la mano; allora Cacasenno, quasi un nuovo Cabalao, con bella grazia si pose trabocconi per terra, così dicendo:
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