Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Giulio Cesare Croce Bertoldo e Bertoldino (Cacasenno di A. Banchieri) IntraText CT - Lettura del testo |
|
|
MARCOLFA E LA REGINA
Marcolfa. Serenissima Regina, eccomi prontissima alli suoi comandi. Regina. Marcolfa mia cara, mi sovviene quando già fosti nella nostra Corte con Bertoldino vostro figlio, che mi dichiarasti certi dubbi enigmatici occorsi in un gioco di Cavalieri e Dame; e perché domani a sera devesi fare un ridotto simile, vorrei che m'insegnaste qualche gran galanteria, toccando a me ordinare il trattenimento; so che siete Donna sagace e per conseguenza credo che ne sappiate di belle. Marcolfa. Pianta silvestre non produce frutto domestico; io che abito la montagna non posso dirle cosa degna, che una Regina la proponga. Regina. Ditela pure, e poi lasciate la cura a me. Marcolfa. Devo compiacerla in ogni modo; sibbene li dirò cosa di basso rilievo, in bocca sua valerà assai, attesoché i Grandi sebbene talvolta dicono qualche castroneria, uscendo dalla bocca loro viene interpretata per dotta sentenza; vi vorrìa però tempo a pensarvi sopra. Regina. Come, una pari vostra ricerca tempo di pensarvi sopra? Dubito vogliate darmi la burla. Marcolfa. Io burlare a una sua pari? Non sia mai vero, le sono troppo obbligata, siccome poco fa dissi alla presenza del Re suo marito, che di povera, ch'io ero, coi suoi doni sono ascesa in grandezza, stante la qualità del mio paese e della persona mia. Regina. Questi sono frutti che produce il mondo, che un povero diventi ricco, siccome un ricco povero: non sapete quel proverbio che dice:
Questo mondo è fatto a scale, Chi lo scende, e chi lo sale?
Marcolfa. E mio marito Bertoldo soleva dire:
Il mondo è fatto a scarpette, Chi se le cava, e chi se le mette.
Ed anco soleva dire in questo modo più breve:
Chi sù, e chi giù.
E siccome sono in questo proposito, mi sovviene una bella moralità d'una Volpe e d'un Orso.
Regina. Questa sì voglio che me la raccontiate, poi torneremo al nostro primo ragionamento. Marcolfa. Passando un giorno accidentalmente l'astuta Volpe per un cortile di certi Signori, montò sopra una Cisterna, nella quale era mancata l'acqua per una gran siccità; guardando pertanto la Volpe nel fondo non solo vide esservi poca acqua ma scoperse gran quantità di Pesci, onde lasciandosi vincere dalla gola all'improvviso pensò una sua astuzia. Vidde che alla Cisterna vi era una catena con due secchie, e si slanciò in una di esse, che per la gravezza sua si calò al basso, dove mangiò tanto Pesce, che si empì la pancia fino al canarozzolo. Quando fu sazia, per l'improvisa risoluzione fatta nello scendere senza prima pensare la maniera di salire dopo, si disperava; onde trovandosi così in miseria cominciò a dolersi dicendo: O infelice me, che ho fatto? Ho pensato far bene e mi riesce male; misera, che farò, chi mi libererà da tal cattività? Se i Padroni per caso tornano, e quaggiù mi trovano, senza altro, se avrò mangiato le candele, mi faranno cacare li stoppini, e similmente se viene qualche Contadino per attingere acqua, e qua giù mi scorge, con un'archibugiata, mi dà l'ultimo vale. Intanto che la Volpe stava in questi lamenti, passò per costì il suo parente Orso, il quale, conoscendola alla voce, affacciossi sopra la Cisterna, e mirando a basso disse: O parente Volpe, che fai colà giù? Perché ti lamenti? Ci sei forse caduta, né ti dà l'animo tornar di sopra? Dimmi, come sta questo negozio? Allora la maliziosa Volpe subito fu pronta all'astuzia e disse: Il mio caro parente Orso, sai perché mi lamento? Del brodo troppo grasso; son venuta quaggiù, ed ho mangiato tanto Pesce, che son piena sino agli occhi. Rispose l'Orso: E per questo ti lamenti? Soggiunse la Volpe: Non mi lamento di quel che ho trangugiato, mi duole di quello che vi lascio. Replicò l'Orso: Dimmi, ve n'è assai? Rispose la Volpe: Se ne caricano dieci soma. L'Orso sentendo questo, disse: Voglio venire anch'io a cavarmi il corpo di grinze; dimmi come hai fatto a scender colà giù. La Volpe gli insegnò, dicendo: Fa come ho fatto io, lanciati con le zampe a quel secchio, che verrai a basso. L'Orso, per esser goffo e destro, senza pensare il suo fine, prese il consiglio della Volpe. Ella intanto entrò nell'altro secchio e per esser l'Orso più grave, tirò su la Volpe, la quale quando fu passata disse all'Orso: A rivederci parente: Chi su, e chi giù. Il che applicando alla moralità talvolta una persona trovasi in miseria ed ascende alla felicità, come la Volpe, sazia e contenta, e talvolta anco interviene come all'Orso, che lasciandosi ingannare finì la sua vita in estrema necessità. Regina. Buonissima moralità e degna di considerazione, ma torniamo un poco (come dice il proverbio) l'acqua al nostro molino. Desidero per domani a sera che tu m'insegnassi un gioco di quelli che quando si erra si depone un pegno, e nel volerlo riscuotere si risolve qualche dubbio, il quale venendo risoluto giudiziosamente, se ne fa giubilo ed applauso. Marcolfa. Uno voglio insegnargliene, che, venendo proposto dalla Regia persona sua le farà onore, per esser un gioco, che molti anni sono Bertoldo mio marito vide fare in casa di certi Signori. Il gioco si chiama della Musica Stromentale.
|
Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2008. Content in this page is licensed under a Creative Commons License |