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Giulio Rospigliosi Il palazzo incantato IntraText CT - Lettura del testo |
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Scena XII Nano, Atlante, Gigante, due Damigelle
Voglio, ch'il sappia il mio signore innante. Atlante, Atlante, oue ti celi? Atlante! Onde sì gran rumore? Voglion' partir' senza pur dirti Addio; E sono, al parer mio, In ciò sì risolute, Che dall'andar' per queste selue amene Non le terrebbon' manco le catene. Io per me non intendo, Oue sperin' d'hauer' tempi migliori, Poiché sempre qui stanno in giochi, e balli, E dentro a quei Giardini Rose, Gigli, Ligustri, e Gelsomini, Tanti Ruscelli, e limpidi christalli, Che tanti non ne sono, S'altri ben lo discerna, In un Idillio fatto alla moderna. Eccomi! Hor doue stanno? [606] Molto non tarderanno. Qual esser' puote la cagion' uerace Forse, che a lor non piace Di star quasi in prigione, e in seruitù. Ciascun', come si sa, Solean' ballar' senza cauarsi i guanti. Sempre hai le uoglie a nuoui scherzi intese. Non può burlarsi trenta uolte il mese? Horsù, del ritenerle in queste mura Ha dato a me per Bradamante un foglio; Deggio portarlo a lei, che il cor gl<i> accende? Vn'immensa pietà del suo cordoglio. (canta) Non così presto il fero sdegno ascondono Placati i uenti, e tace l'onda instabile, Che con flutti nouelli il mar' confondono. Ogni uago seren' troppo è mutabile, E mentre in breue rota i dì si uolgono, Seco portano a uolo il piacer' labile. O saggi quei, che non in alto sciolgono Il lor desio, ma con un'Alma immobile Alle cupide uoglie il fren' raccolgono. Così tra le uicende un pensier' nobile Troua lieto riposo, e non l'offendono E lo stabile affanno, o il gioir' mobile. E pur con ricche brame ogn'hor contendono Folli i mortali, e il proprio mal non curano, D'ombra uana seguace, e non comprendono, Che i lampi di qua giù tosto s'oscurano. due Damigelle Senza piaga non esce il dardo. Che d'un uolto, che grazia spira, Pien' di fiamme non proui il raggio Struggesi [etc.] P<rim>a Damigella Deh, non uedi colà fiero Gigante, Riuolgerete a uostr'arbitrio i passi; Ma prima sarà d'uopo, Che qui facciate entrambe un giuramento. <Prim>a <Damigella> Io per me nol ricuso. Et io consento Di non amar' più mai, Volgete, oue ui aggrada in ogni loco. Lascia, che pria ci penseremo un poco. Ben sapeu'io, che più d'ogni spauento Haurebbe posto alle Donzelle il freno
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