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Giulio Rospigliosi Il palazzo incantato IntraText CT - Lettura del testo |
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Scena XI Orlando Tra tanti auuolgimenti, ond'è ripieno Il Palagio sublime, in darno ho preso A ricercar' colei, che porto in seno: Anzi a trouarla, io fui d'appresso Quasi a perder' me stesso. Angelica infelice, Dell'Anime più fere, De' più seluaggi Cori Già nobil' predatrice, Hor d'altri fatta preda, a quai rigori Serba nemico fato i casi tuoi? Forse gli sdegni altrui In te riuolge Amor', perché, sdegnosa Alla face amorosa, A' miei lamenti, al mio seruir' fedele Ti mostrasti crudele? [562] Ma se per mia cagione Dèi tu pena soffrire, Volgasi in me più tosto il tuo martíre. Miei sono i tuoi tormenti, e del tuo danno Teco prouo l'affanno. Ma quanto più si rende Per le suenture tue graue il mio duolo, Anche uie più s'accende Di punire il desio Colui, che tanto ardío. Vedrà, uedrà, l'inuolatore indegno, Che nol faran' dell'ira mia sicuro Né la fuga, né il muro; E se giamai d'Orlando Fu la destra possente, e fiero il brando, Per sì degna cagione Mostrerò in paragone, Quant'habbia forza in generoso core Lealtà con Valore.
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