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Giulio Rospigliosi Il palazzo incantato IntraText CT - Lettura del testo |
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Scena IV Iroldo solo
Par, che m'accenni il core, Che Prasildo nel Bosco homai riprenda Le mie lunghe dimore; Ma doue Amor' dà legge all'altrui uoglie, Esser' chi può, che d'obbedir' contenda? Io per partir' mi muouo, E pur la uia non trouo D'uscir' da queste soglie, In cui uist'ho colei, Che dà luce, e conforto a gl<i> occhi miei. Ella, che strinse il cor, mi lega il piede; Ma in sì dolci catene Il seruaggio è uentura, Fortunata è l'arsura; Né chieggio altra mercede, [584] Se non, che le mie doglie a lei sian note, Ch'un misero non puote Hauer' pena maggiore, Che senza far palese La fiamma, a chi l'accende, Imprigionar' nel petto il suo dolore. Così mai, fastose mura, Dal uostro seno Ampia suentura Non inuoli il bel sereno. Per pietà di mie doglie, Deh, mentre in uoi s'accoglie Colei, che solo adoro, Ditele, ch'io languisco, e ch'io mi moro.
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