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Giulio Rospigliosi
Il palazzo incantato

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  • ATTO SECONDO
    • Scena X Angelica, Atlante
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Scena X

Angelica, Atlante

 

Angelica

Di quei prodi Guerrieri

Le contese comporre inuan' si tenta

Con ragioni, o richieste,

Ché colà, doue auenta

Lo sdegno armi funeste,

Dando alla pace esiglio,

Poco s'attende il folgorar' d'un ciglio.

Ma se priua hor mi sento

Della promessa aita,

Non per questo auuerrà, ch'un sol momento

S'indugi alla partita.

Atlante

Qui per te solo, alta Donzella, hor uegno,

Ché già mi sono i tuoi pensier' ben noti,

Mentre affretti il ritorno

Al fortunato Regno.

Il Ciel sì giusti uoti

Renderà paghi, e non lontano è il giorno.

Ma non sia graue ancora

Far qui breue dimora

Fin, che poi nell'uscir' da queste porte,

(Quando sia tempo additarollo io stesso)

Con non creduta sorte

Ti destinan' le stelle alto successo.

Angelica

Perch'io creder' ti deua,

Chi sei, deh, narra.

Atlante

A te nulla rileua,

Angelica, il saperlo. Io sono un Mago

D'ogni auuenir' presago.

Angelica

S'io qui fermo le piante,

Qual sì lieta uentura

A me poscia sourasta?

Atlante

Vn uago Amante.

Angelica

Tanto più fuggirò da queste mura.

Atlante

Ah, se cortese il fato

Serbi di tua bellezza eterno il fiore,

Poiché gioir' t'è dato,

Non l'inuidij a te stessa il tuo rigore;

E del Garzon' gentile,

Se non Amore, almeno

Vna giusta pietà ti punga il seno.

Sappi, che presso a morte

Il dèi trouare (ah, fera uista!), esangue

Tra le ferite, e il sangue;

E tu sola potrai nel punto estremo

Con opportuna aita

Darli ristoro, e conseruarlo in uita.

Angelica

Cedo a pietà, ma già d'Amor' non temo,

Né mai sarà, che Amante il sol mi ueggia.

Atlante

Ecco al uiuo il suo uolto,

In breue giro accolto.

Il lui, deh, fissa il ciglio,

E poi s'amar' si deggia,

Dal tuo mede<s>mo cor prendi consiglio.

Angelica

O come ben distinto

In ogni parte ei spira!

Viuo sembra, e non finto;

Ne uien rapito il guardo, il cor s'ammira,

Onde quanto più uolgo in lui le luci,

Più di mirarlo ancor cresce il desio.

E chi sì bene, o Dio,

Seppe esprimer quel uolto,

Cui non si troua eguale?

Il fece Amor', cred'io,

E ui lasciò lo strale,

Poiché sì uago aspetto

Mi passa il seno, e mi trafigge il petto.

Gentilissima Imago,

Io non saprei giamai da' tuoi begl'occhi

Gl<i> occhi ritrar', così di lor m'appago. [601]

Già quei labri ridenti

M'empion' d'amabil' pena;

Quella tua chioma d'oro è mia catena.

Hor qual arte contende

Teco, o nobil' pittura, e qual t'agguaglia?

È dipinto il mio foco, e pur m'accende;

Adombrato è il mio sole, e pur m'abbaglia.

Qual si sia la tua face,

Amor', qual i tuoi uanti,

Io lo so, ché fugace

Schernij gl<i> amori, e disprezzai gl<i>
[amanti.

L'altrui cordoglio,

Cinta di scoglio,

L'alma sdegnò;

Ma che non può

Tua gran uirtù!

Ah, ben sai tu

Quasi per gioco

Franger' le pietre, ed eccitarne il foco.

 

 




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