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Giulio Rospigliosi Il palazzo incantato IntraText CT - Lettura del testo |
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Scena XII Nano, Atlante, Gigante, due Damigelle
Nano O strana fantasia! [605] Due fanciulle pur hora, Odiando ogni dimora, Trattano d'andar' uia. Voglio, ch'il sappia il mio signore innante. Atlante, Atlante, oue ti celi? Atlante! Atlante Onde sì gran rumore? Nano Due leggiadre Donzelle, Non so per quale humore, Voglion' partir' senza pur dirti Addio; E sono, al parer mio, In ciò sì risolute, Che dall'andar' per queste selue amene Non le terrebbon' manco le catene. Atlante Hor hora a te discendo. Nano Io per me non intendo, Oue sperin' d'hauer' tempi migliori, Poiché sempre qui stanno in giochi, e balli, E dentro a quei Giardini Hanno tant'herbe, e fiori, Rose, Gigli, Ligustri, e Gelsomini, Tanti Ruscelli, e limpidi christalli, Che tanti non ne sono, S'altri ben lo discerna, In un Idillio fatto alla moderna. Gigante Eccomi! Hor doue stanno? [606] Nano A comparir', cred'io, Molto non tarderanno. Gigante Qual esser' puote la cagion' uerace Di sì nuouo desio? Nano Forse, che a lor non piace Di star quasi in prigione, e in seruitù. Ciascun', come si sa, Brama la libertà: Quel mondo hor non è più, Che le Donne, e gl<i> Amanti Solean' ballar' senza cauarsi i guanti. Gigante Lascia le burle, e taci; Sempre hai le uoglie a nuoui scherzi intese. Nano Non può burlarsi trenta uolte il mese? Gigante Horsù, del ritenerle in queste mura Lasci[a]si a me la cura. Nano Senti di più: Ruggiero Ha dato a me per Bradamante un foglio; Deggio portarlo a lei, che il cor gl<i> accende? Gigante Portalo, ché mi prende Vn'immensa pietà del suo cordoglio. (canta) Non così presto il fero sdegno ascondono Placati i uenti, e tace l'onda instabile, Che con flutti nouelli il mar' confondono. Ogni uago seren' troppo è mutabile, E mentre in breue rota i dì si uolgono, Seco portano a uolo il piacer' labile. O saggi quei, che non in alto sciolgono Il lor desio, ma con un'Alma immobile Alle cupide uoglie il fren' raccolgono. Così tra le uicende un pensier' nobile Troua lieto riposo, e non l'offendono E lo stabile affanno, o il gioir' mobile. E pur con ricche brame ogn'hor contendono Folli i mortali, e il proprio mal non curano, D'ombra uana seguace, e non comprendono, Che i lampi di qua giù tosto s'oscurano. due Damigelle Che non puote sereno sguardo, Se diletta pur quando ancide? Da due uaghe luci homicide Senza piaga non esce il dardo. Struggesi, Fuggesi il gelo d'aprezza Al sole della bellezza. Non è core così seluaggio, Non è petto sì cinto d'ira, Che d'un uolto, che grazia spira, Pien' di fiamme non proui il raggio Struggesi [etc.] P<rim>a Damigella Deh, non uedi colà fiero Gigante, Che partir' ne contende? <Second>a <Damigella> Ardisci, ei non offende: Libera del Palagio Dassi l'uscita. Gigante Dassi, E qua poscia con agio Riuolgerete a uostr'arbitrio i passi; Ma prima sarà d'uopo, Che qui facciate entrambe un giuramento. <Prim>a <Damigella> Io per me nol ricuso. <Second>a <Damigella> Et io consento Giurar' ciò, che tu uuoi. Gigante Hor date a me la fede Di non amar' più mai, Poscia libero il piede Volgete, oue ui aggrada in ogni loco. <Second>a <Damigella> Lascia, che pria ci penseremo un poco. Gigante Ben sapeu'io, che più d'ogni spauento Haurebbe posto alle Donzelle il freno Vn simil' giuramento.
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