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Giovanni Villani
Nuova cronica

IntraText CT - Lettura del testo

  • Tomo terzo
    • Libro tredecimo
      • XXXVI               Di certe novità state in Firenze in questi tempi.
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XXXVI

 

           

Di certe novità state in Firenze in questi tempi.

           

Nel mese di dicembre del detto anno MCCCXLIIII la campana del popolo, che suona per lo consiglio, la quale poi che·ffu fatta era stata sopra i merli del palagio di priori, si tirò e aconciò ad alti in sulla torre, acciò che s'udisse meglio Oltrarno, e per tutta la città, la qual era d'uno nobile suono della sua grandezza. E nel luogo ov'era quella fu posta la campana che venne dal castello di Vernia, e ordinata sonasse solamente quando s'aprendesse fuoco di notte nella città, acciò ch'al suono di quella traessono i maestri e quelli che sono ordinati a spegnere i fuochi.

E del mese di gennaio seguente si fece per lo Comune di Firenze accordo e lega e compagnia col vescovo d'Arezzo, ch'era delli Ubertini, e con suoi consorti, e trattoli d'ogni bando; ed elli diede in guardia le castella del vescovadolle loro al conte Simone da Battifolle e a' suoi fedeli per X anni per lo Comune di Firenze, e per fare guerra a' Tarlati e rubelli d'Arezzo, e avere gli amici per amici e' nimici per nimici. Le castella principali furono: Civitella, Cennina, e 'l palagio di Castiglione degli Ubertini e più altre fortezze.

E all'uscita del detto mese s'aprese fuoco al munistero delle donne del Prato, e fece loro danno assai. E apresso il primo di febraio s'aprese nella Città Rossa, e arse una casa e una femmina iv'entro. E a XV del mese di febraio furono condannati per processo ordinato tutti quelli della casa degli Ubaldini nell'avere e nelle persone siccome ribelli (salvo il lato di quelli da Senno, che non si trovaro colpevoli) per cagione della battaglia e aguato che feciono alla nostra gente a Rifredi, quando andavano al soccorso di Firenzuola, e per la presa della detta Firenzuola e del castello de' Tirli alla cacciata del duca d'Atene, come in alcuna parte adietro facemmo menzione; e tutti i loro beni ch'erano nel contado di Firenze messi in Comune.

E nel detto mese di febraio vennono in Firenze ambasciadori del re di Francia a petizione del duca d'Atene; ciò fu uno cavaliere e uno cherico, e in pieno consiglio domandaro l'ammenda del detto duca. E nel detto consiglio e i·lloro presenza furono publicati i suoi falli e difetti, e mostrate le sue quitanze; e ordinati e mandati al re di Francia ambasciadori colla risposta per lo nostro Comune, come dicemmo adietro; e a quelli ambasciadori del re presentati per lo Comune, e fatto loro le spese e compagnia e onore assai, mentre dimorarono in Firenze e per lo nostro contado; onde n'andarono molti contenti; ma però non lasciò il re di Francia di proccedere contro a' Fiorentini per lo duca d'Atene, come inanzi si farà menzione.

E nel detto mese di febraio per lo Comune si fece ordine che qualunque cittadino dovesse avere dal Comune per le prestanze fatte al tempo di XX, come adietro facemmo menzione, che·ssi trovaro più di DLXXm di fiorini d'oro, sanza il debito di meser Mastino della Scala, ch'erano presso di Cm fiorini d'oro, si mettessono in uno ligistro ordinatamente; e dare il Comune ogni anno per provisione e usufrutto a ragione di V per centinaio l'anno, dando ogni mese la paga per rata di mese; e diputossi a fornire il detto guiderdone parte della gabella delle porti e d'altre gabelle, la qual montava l'anno da fiorini XXVm d'oro, ov'erano asegnate le paghe a meser Mastino; e pagato lui, fossero diputate alla detta sodisfazione; il qual meser Mastino fu pagato del mese di dicembre per lo modo diremo inanzi. E cominciossi la paga della detta provisione del mese d'ottobre MCCCXLV. Nel detto anno, a XII di marzo, passò di questa vita e santificò uno Iacopo, figliuolo fu di meser Bono Giamboni giudice del popolo di San Brocolo, il qual era stato di santa vita, e vergine di suo corpo, si disse, e statosi in casa rinchiuso più di XXV anni, che non usciva se non alcuna volta anzi il giorno a confessione o prendere Corpus Domini; e avea dato per Dio a' poveri tutta sua sustanzia e patrimonio, e poveramente e in digiuni e orazioni vivea, scrivendo libri a prezzo, e dittando da·ssé di sante e buone cose; e chi·lli mandava limosina no·lla ricevea, se non da divoti suoi amici; e 'l soperchio di suo guadagno, finito poveramente suo mangiare a giornata, dava per Dio a' poveri. Fece Iddio visibili e aperti miracoli per lui alla sua morte, e poi e' soppellissi a Santa Croce a guisa di santo. E a sua vita predisse a' suoi amici più cose future, e ch'avvennero nella nostra città, e della signoria e cacciata del duca d'Atene per vertù dello Spirito Santo. Lasceremo alquanto de' fatti di Firenze, che assai n'avemo detto a questa volta, e diremo delli strani.

 




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