XXXIX
Come i
Cristiani presono la città delle Smirre sopra i Turchi.
Nel detto
anno MCCCXLIIII, essendo per lo re di Cipri e per lo mastro dello Spedale e
magione, che tenea l'isola di Rodi, e per lo patriarca di Gostantinopoli e
cogli amiragli delle galee de' Genovesi e Viniziani, ch'erano al soldo della
Chiesa sopra i Turchi, ordinarono una grande armata di navi, cocche e galee con
molta buona gente d'arme per andare sopra i Turchi, e ragunarsi all'isola di
Negroponte in Romania overo Grecia; e di là si partì la detta armata del mese
di..... e puosonsi alla città delle Smirre nel paese che oggi si chiama
Turchia, assai presso dove anticamente fu la grande città di Troia, e in quello
golfo di mare. La qual città si tenea pe' Turchi, ed era molto forte fornita di
molta gente d'arme Turchi e Saracini. E·lla detta armata di Cristiani entrarono
nel porto della detta Smirra, e quello combattendo con aspre battaglie, e con
difici e torri di legnami fatti in sulle cocche e navi, per forza presono le
torri del porto, e tagliarono e gittarono in mare i Turchi che v'erano alla
difesa. E vinto il porto, asalirono la terra da più parti, e combattendo per
forza d'arme l'ebbono con gran tagliata e uccisione di Saracini e Turchi, che
non vi lasciaro né uomini né femmina né fanciulli che non mettessono alle spade
a morte, chi non si fuggì, i quali furono quasi innumerabile gente; e
trovarolla fornita di molta ricchezza, cose, maserizie e vittuaglia. Sentendo
ciò il soldano di Turchi ch'avea nome Marbasciano, ch'era fra terra a sue
castella, di presente vi venne con XXXm Turchi a cavallo e con gente a piè
innumerabile, e puose di fuori l'assedio alla detta terra delle Smirre con più
campi. I Cristiani, ch'aveano presa la terra, la guernirono e aforzarono di
loro gente, e·lla terra era fortissima di mura e torri, e sovente uscivano
fuori alli scaramucci e badalucchi contro a' Turchi, quando a danno dell'una
parte e quando dell'altra; e il detto assedio durò parecchi mesi, combattendosi
al continovo di dì e di notte. In questa stanza Marbasciano soldano di Turchi,
veggendo che seguendo l'assedio perdea al continuo di sua gente, e poco potea
fare alla terra, sì era forte, sì si provide maestrevolmente per attrarre i
Cristiani di fuori a·ccampo; sì si ritrasse colla maggiore parte di sua gente
adietro alquante miglia alle montagne, e lasciò certa parte di sua oste a campo
fuori della terra. I Cristiani ch'erano nelle Smirre veggendo asottigliato il
campo di nimici di genti, stimando fossono per l'assedio straccati, il dì di
santo Antonio, dì XVII di gennaio, popolo e cavalieri, uscirono della città, e
asalirono il campo di Turchi vigorosamente, e quello con poco contasto di
battaglia missono inn-isconfitta e fuga con grande mortalità di Turchi; e preso
e rubato il campo, e intendendo certi alla caccia di Turchi che fuggieno, e certi
alle spoglie del campo, e' capitani dell'oste con buona parte della migliore
gente intendeno a·ffare gran festa, e celebrare messa e sagrificio nel campo,
credendosi avere tutto vinto, e non prendendosi guardia dell'aguato,
Marbasciano con suoi Turchi, com'avea ordinato per certi segni, discesono delle
montagne, ch'erano assai presso, e assalì la gente de' Cristiani, ch'erano
sparti, e male in ordine e peggio in guardia e·cchi armato e chi disarmato, e
di presente con poco afanno gli ebbono rotti e sconfitti e messi in volta. E
chi si fuggì nella terra; e di migliori rimasono nel campo alla battaglia, la
quale durò poco, però che' Cristiani erano pochi alla comparazione di Turchi; e
quelli che ressono al campo rimasono tutti morti. Intra gli altri vi morì il
patriarca di Gostantinopoli, uomo di grande valore e autoritade, e meser
Martino Zaccheria amiraglio di Genovesi, e meser Piero Zeno amiraglio di
Viniziani, e 'l maliscalco de·rre di Cipri, e più frieri della magione dello
Spedale, e più di D buoni uomini di Cristiani che ressono combattendo al campo,
onde fu grande dannaggio; tutti gli altri Cristiani si fuggirono nella terra. E
avenne loro bene, che per la detta rotta e sconfitta non isbigottirono, ma
vigorosamente salvarono e difesono la terra da' Turchi, sicché per battaglie
che vi dessero no·lla potero raquistare, ma ne moriro molta di loro gente per
li molti balestrieri che dentro v'erano alla guardia. Venuta la detta novella
in ponente e al papa, lieti ne furono per lo raquisto delle Smirre, e crucciosi
della rotta e perdita di quella buona gente che vi rimasono morti. Per la qual
cosa incontanente fece il papa indulgenza e perdono di colpa e di pena chi
v'andasse o mandasse al soccorso, e andarvi di Firenze di loro volontà, e che
furono mandati alle spese di chi volle il perdono, da CCCC di croce segnati, e
con tutte armi e soprasberghe bianche con giglio e croce vermiglia, e per loro
medesimi ordinati a conestaboli e bandiere. E di Siena ve n'andarono bene CCCL,
e così di molte altre terre di Toscana e di Lombardia, chi pochi e·cchi assai,
sanza ordini di Comuni, e feciono la via da Vinegia, però che·llà era ordinato
il passo e navile alle spese della Chiesa. E 'l papa fece capitano di crociati
il Dalfino di Vienna con sua compagna di gente d'arme al soldo della Chiesa; e
passò per Firenze all'entrante del mese d'ottobre MCCCXLV, e andonne a Vinegia
per seguire il detto viaggio e impresa, e più altri cavalieri oltramontani
v'andaro per avere il perdono; e·cchi affiato della Chiesa. Lasceremo al presente
della detta impresa, e diremo d'altre novità state ne' detti tempi.
|