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Giovanni Villani
Nuova cronica

IntraText CT - Lettura del testo

  • Tomo terzo
    • Libro tredecimo
      • XLIV               Come il popolo di Firenze tolse a certi grandi e gentili uomini certe posessioni e beni donati loro per lo Comune.
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XLIV

 

           

Come il popolo di Firenze tolse a certi grandi e gentili uomini certe posessioni e beni donati loro per lo Comune.

           

E poi del mese di maggio del detto anno per li detti reggenti e maestrati del popolo di Firenze fur tolti di fatto, e contra ogni debita ragione, a più nobili indotati dal Comune per antico o per loro meriti e di loro anticessori, o per ogni fare per lo Comune, come diremo apresso; intra gli altri a quelli della casa de' Pazzi le posessioni e beni che il popolo e Comune di Firenze avea donati e dotatilloro anticessori con ogni sollennità che fare si potesse infino gli anni MCCCXI, quando il popolo di Firenze fece cavalieri e difenditori del popolo quattro di loro, II figliuoli di messere Pazzino, e due suoi cugini, per la morte del detto meser Pazzino, stato morto in servigio del popolo, e·llui vivendo, capo e difenditore del popolo con suoi consorti contro ad ogni grande che contro al popolo erano o aoperassono, come adietro in quelli tempi facemmo menzione; e il suo padre mesere Iacopo del Nacca morto a Monte Aperti, caporale e gonfaloniere del popolo; e gli altri suoi consorti le grandi operazioni fatte per lo Comune e popolo di FirenzecColle, come adietro è fatta menzione; e per tanti benefici fatti per lo Comune e popolo di Firenze, antichi e moderni, non volere esere udite niuna loro ragione, né commetterla in quale giudice in Firenze o in Bologna, ch'al Comune piacesse. Ma meglio era non dare il dono che·lla cosa donata villanamente ritorre contra a ragione. E per simile modo tolsono i beni a' figliuoli di meser Pino e di meser Simone della Tosa, donati per lo Comune e popolo, quando gli feciono cavalieri del popolo, che tanto per lo popolo adoperarono, come in questa è fatta menzione. E per simile modo a' figliuoli di mesere Giovanni Pini de' Rossi, il quale morì apo Vignone in Proenza, essendo ambasciadore del Comune al papa Giovanni per gran cose. E montarono le dette posessioni più di fiorini XVm d'oro, e convertissi a rifacimento di ponti, ma non ne tornò in Comune la metà in danari che valeano. Di questo torto fatto pe' reggenti del popolo a' sopradetti gentili uomini, collo 'nzigamento degli altri grandi per invidia. avemo fatta menzione per dare asempro a quelli che verranno come riescono i servigi fatti allo 'ngrato popolo di Firenze; e nonn-è avenuto pure a' detti, ma se ricogliamo le ricordanze antiche pure di questa nostra cronica, intra gli altri notabili uomini che feciono per lo popolo, si fu mesere Farinata delli Uberti, che guarentì Firenze che non fosse disfatta; e mesere Gianni Soldanieri, che·ffu capo alla difensione del popolo contra al conte Guido Novello e gli altri Ghibellini; e di Giano della Bella, che·ffu cominciatore e facitore del secondo e presente popolo; e meser Vieri di Cerchi, e Dante Allighieri, e altri cari cittadini e guelfi, caporali e sostenitori di quello popolo. I meriti e guiderdoni ricevuti i detti e' loro discendenti dal popolo, assai sono manifesti, pieni di grandissimo vizio d'ingratitudine, e co grande offensionelloro e a' loro discendenti, sì d'esili e disfazione de' beni loro, e d'altri danni fatti per lo 'ngrato popolo e maligno, che discese di Romani e di Fiesolani ab anticho, ancora, se leggiamo l'antiche storie di nostri padri romani, non vogliamo tralignare. Intra·ll'altre notevoli ingratitudini fatte per lo detto popolo, assai sono manifeste: che merito ricevette il buono Camillo che difese Roma e diliberò da' Gallici? Certo fu sanza colpa cacciato inn-esilio e sbandito. Che diremo del buono Iscipio Africano che diliberò la città di Roma e 'l suo imperio d'Anibale, e vinse e sottomise Cartagine e tutta la provincia d'Africa al Comune di Roma, e per simile modo dallo 'ngrato popolo fu mandato inn-esilio per la invidia e a torto? Che diremo ancora del valente Giulio Cesare? Quanti notabili e grandi cose fece per lo Comune e popolo di Roma inn-Italia e poi in Francia, inn-Inghilterra, Alamagna, e sottomisele con tanto affanno al popolo di Roma, e per invidia de' rettori e senato del popolo fu rifusato a cittadino, e poi, lui imperadore, da' rettori del senato e suoi propinqui, e·lloro benefattore, fu morto? Certo questi antichi asempri e moderni danno matera che mai nullo virtuoso cittadino s'intrametta in benificio della republica e di popoli; ch'è grande male apo Dio e al mondo che' vizii della 'nvidia e della superbia ingratitudine abatta le nobili virtù della magnanimità e della grata liberalità, fontana di benifici. Ma non sanza giusto giudicio d'Iddio sono le pulizioni de' popoli e de' regni soventi per li detti falli e difetti: pognamo che Iddio non punisca di presente fatto il fallo, ma quando il dispone la sua potenzia. Se nella matera avessimo detto di soperchio, il soperchio del disordinato vizio della ingratitudine ce ne scusi, per l'opere delli straboccati nostri rettori.

 




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