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Giovanni Villani
Nuova cronica

IntraText CT - Lettura del testo

  • Tomo primo
    • Libro primo
      • XXXVI     Come per la morte di Fiorino i Romani tornaro all'assedio di Fiesole.
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XXXVI

 

 

Come per la morte di Fiorino i Romani tornaro all'assedio di Fiesole.

 

Come la novella fu saputa a Roma, gli consoli e' sanatori e tutto il Comune dolutosi della disaventura avenuta al buono duca Fiorino, incontanente ordinaro che di ciò fosse vendetta, e che oste grandissima un'altra volta tornassero a distruggere la città di Fiesole, intra' quali furono eletti questi duchi: Rainaldo conte, Cecerone, Teberino, Macrino, Albino, Igneo Pompeo, Cesere, Camertino, Sezzio conte tudertino, cioè di Todi, il quale era con Iulio Cesere e di sua milizia. Questi puose suo campo presso a Camarte, quasi ovoggi Firenze; Cesere si puose a campo in sul monte che soprastava la città, ch'è oggi chiamato Monte Cecero, ma prima ebbe nome Monte Cesaro per lo suo nome, overo per lo nome di Cecerone; ma innanzi tengono per Cesere, però ch'era maggiore signore nell'oste. Rainaldo puose suo campo in sul monte allo 'ncontro a la città di dal Mugnone, e per suo nome infino a oggi è così chiamato; Macrino in sul monte ancora oggi nominato per lui; Camertino nella contrada che ancora per gli viventi per lo suo nome è chiamata Camerata. E tutti gli altri signori di sopra nominati, ciascuno puose per sé suo campo intorno a la città, chi in monte e chi in piano; ma di più non rimase propio nome che oggi sia memoria. Questi signori con loro milizie di gente a cavallo e a piede grandissima, assediando la città, con ordine s'apparecchiaro di fare maggiori battaglie a la città che la prima volta; ma per la fortezza della città i Romani invano lavorando, e molti di loro per lo soperchio d'assedio e soperchio di fatica sono morti, que' maggiori signori, consoli e sanatori, quasi tutti si tornaro a Roma: solo Cesere con sua milizia rimase all'asedio. E in quella stanza comandò a' suoi che dovessero andare nella villa di Camarti presso al fiume d'Arno, e ivi edificassero parlatorio per potere in quello fare suo parlamento, e una sua memoria lasciarlo: questo edificio in nostro volgare avemo chiamato Parlagio. E fu fatto tondo e in volte molto maraviglioso, con piazza in mezzo. E poi si cominciavano gradi da sedere tutto al torno. E poi di grado in grado sopra volte andavano allargandosi infino a la fine dell'altezza, ch'era alto più di LX braccia. E avea due porte, e in questo si raunava il popolo a fare parlamento. E di grado in grado sedeano le genti: al di sopra i più nobili, e poi digradando secondo la dignità delle genti; e era per modo che tutti quegli del parlamento si vedeva l'uno l'altro in viso. E udivasi chiaramente per tutti ciò che uno parlava; e capevavi ad agio infinita moltitudine di genti; e 'l diritto nome era parlatorio. Questo fu poi guasto al tempo di Totile, ma ancora a' nostri si ritruovano i fondamenti e parte delle volte presso a la chiesa di San Simone a Firenze, e infino al cominciamento de la piazza di Santa Croce; e parte de' palagi de' Peruzzi vi sono su fondati; e la via ch'è detta Anguillaia, che va a Santa Croce, va quasi per lo mezzo di quello Parlagio.

 




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