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Giovanni Villani
Nuova cronica

IntraText CT - Lettura del testo

  • Tomo terzo
    • Libro tredecimo
      • LXXIII               D'uno grande caro che fu in Firenze e d'intorno e in più parti.
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LXXIII

 

           

D'uno grande caro che fu in Firenze e d'intorno e in più parti.

           

Nel detto anno MCCCXLVI, cominciandosi la cagione d'ottobre e di novembre MCCCXLV, al tempo della sementa furono soperchie piove, sicché corruppono la sementa, e poi l'aprile e 'l maggio e giugno vegnente MCCCXLVI non finò di piovere, e talora tempeste, onde per simile modo si perdé la sementa delle biade, e·lle seminate si guastarono; e·cciò avenne quasi in più parti di Toscana e d'Italia, e in Proenza, e Borgogna, e Francia (onde nacque grande fame e caro ne' detti paesi), ed a Genova, e a Vignone in Proenza, ov'era il papa colla corte di Roma. E·cciò avenne, secondo dissono gli astrolagi e maestri in natura, per la congiunzione passata di Saturno e di Giove e di Marti nel segno dell'Aquario, come adietro è per noi fatta menzione. Onde avenne che già sono più di cento anni passati non fu sì pessima ricolta in questo paese di grano e biada, di vino e d'olio e di tutte cose, come fu in questo anno. E 'l vino valse di vendemmia il comunale da fiorini VI in VIII il cogno, e quasi non rimasono colombi e polli per difetto d'esca, e valea il paio di capponi fiorini uno d'oro e libre IIII, e non se ne trovavano; e' pollastri per Pasqua soldi XII il paio, e' pippioni soldi X, e·ll'uovo danari IIII o V danari, e non se ne trovavano; e·ll'olio montò in libre VIII l'orcio. Per difetto di ciò la carne di castrone e di bue grosso e di porco montò in danari XX in soldi II la libra, e quella della vitella in soldi II e mezzo in soldi III la libra, e fu gran caro di frutte e di camangiare; e tutto ciò fu per la cagione sopradetta. Per la qual cosa, avegna che per li tempi passati alcuni anni fosse caro, pure si trovava della vittuaglia in alcuna contrada; ma questo anno quasi non se ne trovava, imperciò che·lle terre non rispuosono al quarto, né tali al sesto del dovuto e usato tempo. E valse di ricolta lo staio del grano presso a soldi XXX, montando ogni ; e inanzi che fosse l'altra ricolta, o calen di maggio MCCCXLVII, montò a fiorino uno d'oro lo staio; e·llo staio dell'orzo e delle fave in soldi L lo staio, e·ll'altre biade all'avenante; ella crusca in soldi XI lo staio e più, che non se ne trovava per danaio; e sarebbe il popolo morto di fame, se non fosse la larga e buona provedenza fatta per lo Comune, come diremo apresso. E·ffugrande la nicissità, che·lle più delle famiglie di contadini abandonarono i poderi, e rubavano per la fame l'uno all'altro ciò che trovavano, e molti ne vennero mendicando in Firenze, e così di forestieri d'intorno, ch'era una piatà a vedere e udire, e non si poteno lavorare le terreseminare; se non che coloro cui erano, se n'avieno il podere, convenia che pascesse quelli che·lle lavoravano, e fornire di seme, e quello con grande necessità e costo. E con tutto che·ll'anno MCCCXXVIIII e del MCCCXL fosse gran caro, come adietro in que' tempi facemmo menzione, ma pure del grano e della biada si trovava in città e in contado; ma in questo anno non si trovavagranobiada, ispezialmente in contado a più di lavoratori e contadini. Il Comune si provide e comperòne e fece mercati, con caparra di moneta con certi mercatanti genovesi e fiorentini e altri, di XLm moggia di grano di Pelago, di Cicilia, di Sardigna, e da Tunisi, e di Barberia, e di Calavra, e di IIIIm moggia d'orzo, ma non ci se ne potéo conducere per la via di Pisa in tutto che moggia XXIIm di grano, e moggia MDCC d'orzo, il quale venne costato, posto in Firenze, fiorini XI d'oro il moggio del grano, e fiorini VII il moggio dell'orzo. Ma perché non avemmo tutto quello che per lo nostro Comune fu comperato, sì fu la cagione però che i Pisani n'avieno bisogno grande di grano, e simile i Genovesi, che per forza si prendeno il grano della nostra compera giunto in Porto Pisano, tanto che si fornivano inanzinnoi; e questo ci diede grande difetto, e più volte grande stretta e paura, e non ce ne potavamo atare. Di Romagna e di Maremma ne fece venire il Comune quello si potéo avere di grazia da quelli signori e Comuni, al di dietro intorno di moggia IImCC, e costò caro, da fiorini XX d'oro il moggio, ond'ebbe tra d'interesso colla spesa il Comune più di XXXm fiorini d'oro. Bene si trovò che certi ch'erano camarlinghi de' detti uficiali aveano frodato il Comune falsare per la misura e 'l peso del pane, e mischiare il grano col loglio e altre biade, onde trassono di guadagno grossa quantità, i quali furono presi e condannati in fiorini Xm d'oro a ristituzione del Comune. E nota che tutto questo è infama grande di mali cittadini e di coloro che·lli chiamano agli ufici, se colpa v'ebbono, come si disse, e confessaro per tormento. Ed era rimaso al Comune della provisione dell'anno passato da moggia MDCC di grano; sicché in tutto fu il soccorso e fornimento del Comune da XXVImD di moggia di grano e da MDCC moggia d'orzo. Al cominciamento gli uficiali del Comune faceano mettere per in piazza moggia LX in LXXX di grano a soldi XL lo staio; e poi montando il grano a soldi Lll'orzo a soldi XL lo staio; ma tutto questo non fornia per li molti contadini ch'erano ritratti nella città sanza gli altri cittadini bisognosi. Feciono gli uficiali del Comune fare in su i casolari de' Tedaldini di porta San Piero, ch'è uno grande compreso, X forni con palchi e chiuso a porte per lo Comune, ove per uomini e femmine di e di notte si facea pane della farina del grano del Comune sanza aburattare o trarne crusca, ch'era molto grosso e crudele a vedere e a mangiare, di peso d'once VI l'uno, che se ne facea per istaio da VIIII serque, e cocevasene il da LXXXV in C moggia; e poi si stribuiva la mattina a cenno della campana grossa de' priori a più chiese e canove per tutta la città, e di fuori dalle mastre porte per li contadini d'intorno presso alla città del piviere San Giovanni, e d'altri pivieri che venieno alle porti per esso, e davanne per bocca II pani per danari IIII l'uno. E soprabondò tanta gente, e che·nne volieno più che due pani per bocca, che per la calca gli uficiali non potieno cospicere; sì ordinaro di dare il pane alle famiglie per iscritte e polizze, II pani per bocca. E trovossi in mezzo aprile nel MCCCXLVII che da LXXXXIIIIm bocche erano, che n'avieno a dispensare per ; e di questo sapemmo il vero dal mastro uficiale della piazza, che ricevea le scritte e polizze. Omai potete avisare, chi·ssa albitrare come innumerabile popolo era ritratto per la carestia in Firenze a pascersi; e nel detto numero non erano i cittadini e loro famiglie ch'erano forniti per loro vivere, e non volieno pane di Comune, o comperavano del migliore pane alle piazze o a' fornai danari VIII il pane, e tale X in XII il meglio, ché ciascuno potea fare e vendere pane sanza ordine o di peso o di pregio, e non contando i religiosi mendicanti né i poveri che viveano di limosine, ch'erano sanza numero, che di tutte le terre circustanti erano per lo caro ch'aveno acommiatati e ridotti in Firenze, ond'era una continua battaglia quella di poveri e di e di notte a' cittadini. E con tutto il bisognolla grande nicissità del Comune e di cittadini, non si acommiatò povero niuno, né forestiere o contadino che fossero, ma al continuo pasciuti di limosine al convenevole, considerando il disordinato caro e fame; e per più ricchi e buoni e piatosi cittadini si feciono di belle e di larghe limosine, onde dovemo sperare in Dio, che non guarderà alli soperchi peccati de' cittadini, ché, come avemo detto adietro, la città nostra n'è bene fornita; ma per le limosine e pe' buoni e cari cittadini Iddio compenserà, se fia suo piacere la misericordia, come fece a quelli di Ninive, “però che·lla limosina spegne il peccato”; dixit Domino. Avenne come piacquedDio, per la festa di san Giovanni Battista MCCCXLVII, sforzandosi delle primaticce ricolte, subitamente calò il grano novello di soldi XL in XXII, e 'l vecchio del Comune in soldi XX lo staio; e·ll'orzo in soldi XI in X. Per questo sùbito calare del grano i fornai e chi facea pane a vendere innarravano il grano a gara, e subitamente il feciono rimontare in presso a soldi XXX lo staio, e feciono postura di non far pane a vendere se non con certo loro ordine, per sostenere il caro. Per la qual cosa il popolo si commosse contro a·lloro, e fu quasi la città per correre a romore e ad arme, se non che per li savi rettori s'aquetò il romore, e uno, che·nne fu cominciatore, ne fu impiccato; e 'l grano tornò al suo stato di soldi XXII lo staio. E poi in piena ricolta del mese d'agosto e di settembre si riposò da soldi XVII in XX, bene che poi rimontò per lo caro stato; che·ffu una grande consolazione al popolo per la fame passata. Ma bene lasciò, com'è usato, ancora alquanta carestia e per conseguente infermità e mortalità, come per lo 'nanzi si troverrà leggendo. Lasceremo di questa passione della carestia e fame, e diremo d'altre cose che furono in questi tempi.

 




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