LXXIV
Come
messer Luchino Visconti signore di Melano ebbe la città di Parma.
Tegnendo la
città di Parma i marchesi da Esti da Ferrara, che·ll'avieno comperata da meser
Ghiberto da Coreggia, come in alcuno capitolo adietro facemmo menzione, messer
Luchino signore di Melano al continovo la guerreggiava colle sue forze e
coll'aiuto di quelli da Gonzago signori di Mantova e di Reggio, e per dispetto
e contradio di meser Mastino ch'era i·llega co' detti marchesi, e quasi per lui
la tenieno; essendo circundata di qua della città di Reggio, e di là da Mantova
e da Piagenza e dalle terre di meser Luchino, e male poteno avere aiuto né
soccorso da meser Mastino e da altri loro amici e da Ferrara sanza grande
pericolo; si cercaro loro accordo con meser Luchino, al quale si diede
compimento all'uscita del mese di settembre MCCCXLVI, che·ssi feciono compari
di meser Luchino d'un suo figliuolo, e renderli Parma, ed ebbono da·llui LXm
fiorini d'oro; e riebbono per patti il loro castello di San Filice e' loro
prigioni che tenieno quelli da Gonzago, e con grande festa n'andarono con meser
Luchino a Milano affare il suo figliuolo cristiano, e fermarono lega e
compagnia insieme. E nota s'elli ha tra' Cristiani al suo tempo nullo re, se
non se quello di Francia e quello d'Inghilterra e d'Ungheria, di tanto podere
quanto mesere Luchino, che tenea del continuo più di IIIm cavalieri al soldo, e
talora IIIIm e Vm e più, che non ha re tra' Cristiani che·lli tenga. E
signoreggiava le 'nfrascritte XVII città colle loro castella e contadi Milano,
Commo, Bergamo, Brescia, Lodi, Moncia, Piagenza, Pavia, Cremona, Cremma, Asti,
Tortona, Allessandra, Noara, Vercelli, Torino, e ora Parma. Ma guardisi del
proverbio che disse Marco Lombardo al conte Ugolino di Pisa, quand'era nella
sua maggiore felicità e stato; come dicemmo nel suo capitolo, ch'egli era
meglio disposto a ricevere la mala miccianza, e così gli avenne. E a meser
Mastino signore di XI cittadi le perdé tutte, se non se Verona e Vincenza, e in
quelle fu osteggiato. E però non si dee niuno groriare troppo delle filicità
mondane, e spezialmente i tiranni; che la fallace fortuna come dà a·lloro
co·llarga mano, così ritoglie; e questo basti a tanto, e tosto si vedrà il
fine.
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