LXXXVIII
Di novità
e discordia che fu nella città di Genova.
Nel detto
anno, del mese d'aprile, essendo i Genovesi tra·lloro in discordia da' noboli
al popolo, trattaro di dare il reggimento della terra, quasi come mediatore
tra·lloro, a meser Luchino Visconti signore di Milano, e mandarli ambasciadori
il popolo per sé, di darli la signoria limitata e a certo termine; e' noboli e'
grandi aveano mandato per li loro ambasciadori ch'elli gliele voleano dare
libera, tegnendosi mal contenti del reggimento del dugi e del popolo; onde
messere Luchino sdegnato contro al popolo, non volendoli dare libera la
signoria. Per la qual cosa tornati a Genova i detti ambasciadori, si levò il
popolo a romore e ad arme, e corsono sopra i grandi, e presonne da L pure de'
migliori, e impuosono loro di pena libre Cm di genovini, e convenne che li
pagassono al Comune; e racchetossi il romore nella città, rimanendo il dogi e
'l popolo signori; e di caporali delle case di grandi il dogio mandò a' confini
in diverse parti; ma i più ruppono i confini e fecionsi rubelli, e poi, come
diremo inanzi, vennero sopra Genova. E di questo mese d'aprile essendo arrivate
in Porto Pisano II cocche cariche di grano, che venia di Cicilia comperato per
gli uficiali del Comune di Firenze, essendo in Genova gran caro di grano,
mandaro loro galee in Porto Pisano, e combattero le dette cocche, e per forza
le menarono a Genova, pagandone poi con male pagamento i mercatanti di cui era
il carico, quello ch'a·lloro piacque. Per la quale ingiuria e tirannia fatta
pe' Genovesi al Comune di Firenze subitamente montò il grano in Firenze a soldi
XLV lo staio, poi salì tosto a fiorini uno d'oro e più. E per questa cagione e
oltraggio di Genovesi ebbe in Firenze grande gelosia e paura che non mancasse
la vittuaglia, e mandarono in Romagna a farne venire con gran costo e interesso
del nostro Comune, come adietro facemmo menzione nel capitolo della carestia.
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