CIII
Come la
città di Sermona e altre terre s'arrendero alla gente del re d'Ungheria.
Nel detto
anno, del mese d'ottobre, essendo la gente del re d'Ungheria all'assedio di
Sermona, né per la reina né per li altri reali nonn-erano soccorsi, sì
patteggiarono di rendere la terra a comandamenti del re d'Ungheria con questi
patti, se da' reali non fossero soccorsi infra XV dì: e rimanendo nelle loro
franchigie e costume ch'erano col re Ruberto, e che dentro della terra non
dovessono entrare soldati né gente d'arme più di X per volta, se·ggià non fosse
colla persona del re d'Ungheria, o suo fratello; e di ciò diedono XX stadichi
de' migliori della terra. E avuta Sermona, non rimase persona in Abruzzi che
non fosse all'ubidienza del re d'Ungheria. E del mese di novembre apresso,
della detta gente d'arme del re d'Ungheria che facieno loro capo all'Aquila, in
quantità di MD cavalieri e pedoni assai, avuta Sermona, passaro la montagna di
Cinque Miglia, e scesono in Terra di Lavoro, e presono Sarn, e·ll'antica città
di Venastri, e Ciano, che tenea il figliuolo del conte Novello; diede alla detta
gente il mercato e·lla reddita, però che, come il padre, amava più la signoria
del re d'Ungheria che degli altri reali. E il conte di Fondi, nipote che·ffu di
papa Bonifazio VIII, entrò in San Germano colle 'nsegne del re d'Ungheria e con
gente d'arme per lui.
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