CVII
Come 'l re
d'Ungheria passò inn-Italia per andare in Puglia.
Lodovico re
d'Ungheria non avendo dimenticato la crudele e vituperevole morte fatta in
Aversa del suo fratello Andreas, al quale succedea d'essere re di Cicilia e di
Puglia, come stesamente raccontammo in uno capitolo adietro, e avendo da' suoi
capitani e genti, i quali avieno per lui rubellata la città dell'Aquila, e al
continovo prosperavano felicemente, come in quelli processi adietro è fatta
menzione, non si volle più indugiare di venire a fare vendetta, parendogli
tempo acettevole a raquistare il regno di Puglia, che di ragione per retaggio
del re Carlo Martello suo avolo gli succedea. Bene aventurosamente si partìo di
sua terra d'Ungheria a dì III di novembre MCCCXLVII, sabato mattina un'ora o
più anzi il sole levante, con da cavalieri o più eletti Ungari, con molti suoi
baroni, e con molto tesoro e fiorini contanti da spendere, i quali per
abondanza d'oro facea battere in Ungheria contrafatti a' nostri fiorini d'oro,
salvo del nome, che dicieno: “Lodovico re”. E lasciò in Ungheria... suo
fratello re di Pollonia colla madre e colla moglie, e ordinò ch'al continovo il
seguissono gente d'arme, come sofferisse il camino per lo caro ch'era stato
l'anno passato, ed era ancora e di là da' monti e inn Italia. E a dì XXVI di
novembre giunse inn-Udine; il quale dal patriarca d'Aquilea fu ricevuto
graziosamente. E·llà giugnendo gli ambasciadori del Comune di Vinegia per
proffereglisi, i quali isdegnò, e apena gli volle udire tenendosi gravato dal
Comune di Vinegia della presa di Giadra fatta per loro contro a suo onore, come
contammo adietro. E entrando inn-Italia il detto re d'Ungheria, arrivò a
Cittadella, e il signore di Padova gli andò incontro a farli onore, e
profferendoglisi con D cavalieri, ma però non volle entrare in Padova, ma entrò
in Verona a dì II di dicembre; e da meser Mastino della Scala fu riceuto
graziosamente faccendogli grande onore; vi soggiornò alcuno dì. E alla sua
partita gli diè CCC de' suoi cavalieri della migliore gente ch'egli avesse che
gli feciono compagnia fino a Napoli. Partito il re di Verona, non volle entrare
in Ferrara, ma fece la via da Modona, e·llà giunse dì X di dicembre; e da'
marchesi gli fu in Modona fatto grande onore; e vennevi meser Filippino da
Gonzago di signori di Mantova e di Reggio con CL cavalieri, e seguillo infino a
Napoli. E partito da Modona, giunse in Bologna a dì XI di dicembre, e dal
signore di Bologna fu ricevuto a grande onore, non lasciando spendere né a·llui
né a sua gente niuno danaio in Bologna né in suo distretto. Partendosi di
Bologna il conte di Romagna che v'era per la Chiesa, no-llo lasciò entrare né
inn-Imola né in Faenza, ma ne' borghi di fuori albergò. E il signore di Forlì
gli andò incontro fino in sul contado di Bologna con CC cavalieri e mille fanti
a piè in arme, e con grande onore il ricevette in Forlì a dì XIII di dicembre,
fornendogli la spesa a·llui e a sua gente, e in Forlì sogiornò III dì con
grande festa e carole d'uomini e di donne e di donzelle; e fece cavalieri il
signore di Forlì e li suoi figliuoli e poi altri Romagnuoli, e meser Pazzino di
Donati nostro cittadino. E partito di Forlì, giunse a Rimino a dì XVI di
dicembre, e da meser Malatesta fu ricevuto a grande onore al modo degli altri
signori, e più magnamente, e là sogiornò alcuno dì, e di là il seguì il signore
di Forlì con CCC cavalieri di sua migliore gente fino a Napoli onoratamente.
Partito il detto re da Rimino, faccendo il cammino da Orbino giunse in Fuligno
a dì XX di dicembre, il quale da meser Ugolino de' Trinci che·nn'era signore,
fu ricevuto a grande onore, e soggiornòvi da III dì. E·llà venne a·llui il
legato del papa cardinale, e ragionò co·llui di più cose delle bisogne del
Regno, amunendo il re non facesse crudele vendetta né contra a' reali divoti di
santa Chiesa e innocenti, e che furono solamente due quelli che furono
colpevoli, e que' furono giustiziati. Apresso l'amonìo che contra la signoria
di santa Chiesa, di cui era il Regno, non dovesse usare signoria né dominazione
sanza l'asento del papa e de' suoi cardinali sorto pena di scomunicazione; bene
che di ciò dicesse che dal papa non avea speziale mandato, ma di questo il
consigliava ed amoniva. Al quale i·re rispuose saviamente e con alte parole e
franche, dicendo che di sua vendetta non s'avea a tramettere né elli né·lla
Chiesa, e dove dicea che furono due, sapea di CC; e che il Regno era suo per
giusta successione dell'avolo, e che riavendo la signoria, come intendea
d'avere coll'aiuto di Dio, alla Chiesa risponderebbe di quello che dovesse
ragionevolemente. La scomunica a torto, se·lli fosse fatta, poco curava, però
che Iddio maggiore che 'l papa sapea la sua giusta impresa; questo sapemmo da
alcuno di nostri ambasciadori, con cui il legato ne parlò, uomo degno di fede.
Lasceremo alquanto della matera degli andamenti del detto re, quando e come
entrò nel Regno, e di suoi processi, che·nne faremo assai tosto nuovo capitolo,
e diremo inanzi d'una ricca ambasceria che 'l Comune di Firenze mandò al detto
re e 'l Comune di Perugia.
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