CVIII
Come il
Comune di Firenze mandò una grande ambasceria a·rre d'Ungheria.
Sentendo i
Fiorentini la venuta del re d'Ungheria, e come già era a Verona, ordinarono di
mandarli una solenne ambasceria; ciò furono gl'infrascritti X grandi popolani,
e niuno di grandi, cioè di noboli, per gelosia che' grandi no·llo 'nformassono
in nullo caso contra lo stato del popolo. E in questa parte i rettori, e quelli
del loro consiglio che·ll'ebbono a provedere, da' savi ne furono ripresi,
imperò che diedono matera a' grandi e noboli di sdegno essendo ischiusi degli
onori del Comune in sì fatto caso, e da dovere più tosto criare discordia
cittadina, e al signore fare amirare. E più chiaro consiglio e migliore per lo
Comune era ad avervi mandati tra' detti ambasciadori almeno tre di noboli buoni
uomini e confidenti al popolo; ma quello che pare all'empito del popolo non si
può riparare, con tutto che·lle più delle volte sia con mala uscita. I detti
ambasciadori furono questi: messer Antonio di Baldinaccio degli Adimari, tutto
fosse di più grandi e noboli, per grazia era messo tra 'l popolo, messer Oddo
Altoviti giudice, messer Tommaso de' Corsini giudice, messer Francesco degli
Strozzi, messer Simone de' Peruzzi, messer Andrea delli Oricellai, cavalieri
popolani; Antonio degli Albizi, Vanni di Manno di Medici, Gherardo di Chele
Bordoni, Pagolo di Boccuccio de' Capponi; questi III ultimi si feciono fare
cavalieri al detto re. Ciascuno di detti ambasciadori per ordine del Comune si
vestiro di roba di scarlatto a tre guernimenti federate di vaio. E ciascuno con
due o tre compagni vestiti tutti insieme d'un panno divisato molto apparente. E
oltre a·cciò ciascuno almeno due donzelli, e·cchi tre, vestiti d'una assisa
d'una partita, e co·lloro II cavalieri di corte; onde furono con da C cavalli e
bestie, colle some, che non si ricorda a' nostri dì sì ricca e onorevole
ambasciata ch'uscisse di Firenze. E partirsi di Firenze a dì XI di dicembre, e
giunsono il re d'Ungheria in Forlì, e·llà gli feciono la riverenza; e da·llui
furono ricevuti graziosamente, e simile molto onorati da quelli signori di
Romagna. E·re volle a cautela e magnificenza di sé il seguissono infino a
Filigno; ma a Rimino gli sponessono loro ambasciata, la quale ambasciata e
risposta fu nella forma ch'è ritratta qui apresso per meser Tommaso Corsini,
che·nne fu dicitore. E poi giunti a Filigno, pregato il re da' nostri
ambasciadori, di buona voglia fece i sopradetti III delli ambasciadori
cavalieri di sua mano con gran festa; e poi il dì apresso si partì di Filigno,
e andonne verso l'Aquila, e·lli ambasciadori nostri tornarono in Firenze a dì
XI di gennaio.
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