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Giovanni Villani
Nuova cronica

IntraText CT - Lettura del testo

  • Tomo terzo
    • Libro tredecimo
      • CIX               Ambasciata sposta a Rimino per gli ambasciadori di Firenze al re d'Ungheria mandati, recitata nel cospetto del re e del suo consiglio per meser Tommaso Corsini in gramatica con molti alti latini; fatta volgarizzare per seguire lo stile.
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CIX

 

           

Ambasciata sposta a Rimino per gli ambasciadori di Firenze al re d'Ungheria mandati, recitata nel cospetto del re e del suo consiglio per meser Tommaso Corsini in gramatica con molti alti latini; fatta volgarizzare per seguire lo stile.

           

Priegoti che gli occhi tuoi stieno aperti alla mia orazione, la quale oggi dinanzi a·tte farò per tuoi figliuoli e devoti. Le parole predette sono parole di Geremia profeta, le quali si discrivono nel proemio del libro suo.

Serenissimo principe, il quale a tutti l'Italiani siccome splendida e chiara stella gitti razzi, e 'l quale per la chiarezza di te ogni altro lume di splendore diminuisci, siccome aviene alla luna e alle stelle in comperazionedDio, nel cospetto del quale la luna non risprende, le stelle non tralucono e immonde sono. La presente orazione, la quale con istupore e paura parlerò per tanta presenzia di così grande re, futura è di grande e alta materia, la quale infino a' cieli passerà l'onorello stato reale da ogni parte riguardando, per la quale ancora dipenderà lo stato de' devoti della casa reale, la quale se sarà con soavità d'amore compresa, dolcissimi frutti partorirà e graziosi avenimenti aparecchierà. Questa è orazione, per la quale i Fiorentini veghievoli con animata devozione a' pregenitori tuoi igualmente e a·tte la tua celsitudine amantissimamente destano, acciò che quella desta, tutte le nebbie passino via, e al tutto venghino meno. Sieno adunque intorno alle parole promesse gli occhi della tua maestà aperti alla mia orazione, acciò che per quello, sì allo stato reale, come allo stato de' suoi divoti si possa salutevolmente provedere. La presente orazione, acciò che quelle cose che·ssi debbono dire chiaramente si possano vedere, si divide in tre parti: la prima è raccomandatoria e offeritoria, la seconda narratoria e supplicatoria, la terza confutatoria.

Al primo: i priori dell'arti, e gonfaloniere di giustizia, il popolo e 'l Comune della città di Firenze imposononnoi che a' piè della tua maestà loro e·lla loro città e tutti gli altri divoti d'Italia raccomandare con riverenza dovessimo, e que' Fiorentini siccome devotissimi, e·lla loro fiorentissima città siccome muro e steccato reale, con quella devozione, con che a' tuoi pregenitori, siccome a' padri e benefattori suoi, essere suti fatti la publica fama il manifesta, a·tte come degnissimo capo della tua schiatta pe' nostri raportamenti ti dobbiamo offerere quelle cose, che con allegro animo raportiamo e narriamo, suplicandoti che·lla reale ecelsitudine la racomandagionell'oferta di tanti tuoi devoti con graziosi effetti degni d'accettare.

Al secondo: quale Fiorentino, se uomo si può dire, per virtude puote esere dimentico della divozione e della benevolenzia tra·lla casa reale e' tuoi pregenitori e 'l Comune di Firenze da lunghi tempi congiunta, e con graziosi effetti e diversi avenimenti per successione di tempo aprovata? A·tte ancora, amantissimo principe, si conviene di questa benivolenza de' tuoi pregenitori, e della nostra devozione, almeno per udita e per notoria fama, la quale questo nell'universo mondo grida esere manifesta. Noi ancora della circuspezione reale, e ancora del circulato de' cavalieri di quella, è convenevole de' lor fatti rinovare memoria, acciò che non periscano per lo passamento del passato tempo quelle cose che hanno meritato in perpetuo avere vigore. Se adunque con attento animo rivolgerai le cose fatte magnifiche e benifici della prechiara memoria del cristianissimo principe re Carlo trisavolo tuo, or none i Fiorentini guelfi, della città di Firenze cacciati, colla sua potenzia e con armata mano in quella città groriosamente rimise? Se del secondo re Carlo bisavolo tuo le cose fatte rivolgerai, partissi elli dall'opere del padre suo? Certo no. Ma con quello proveduto e favorevole seguire lui seguitando, molti beni a' Fiorentini fece. Se del sapientissimo de' savi re Ruberto tuo zio, il quale fu specchio non corrotto di tutti i re (avegna che per generazione Ruberto, e per unzione re Ruberto fosse nomato, per la smisurata e non udita sapienza, per una regenerazione dovrebbe esere apellato novello Salamone), i suoi fatti rivolgerai, partissi elli dalle vie de' suoi pregenitori? Or none. Quando della degnità ducale usava ad istanza di Fiorentini a strignere e vincere la città di Pistoia, con risprendevole compagnia di cavalieri personalmente venne. E poi venuto a dignità reale partissi elli dalle cose incominciate? O innumerevoli benifici a quelli Fiorentini fece, in tanto che in caso del bisogno al suo unigenito figliuolo non perdonasse? Che se rivolgerai le cose fatte da meser Filippo prencipe di Taranto, che se di meser Piero suo fratello grandi tuoi zii, che se di meser Carlo figliuolo del detto meser lo prencipe di Taranto consubrino tuo le cose fatte ripensi, none i due ultimi moriro nel piano da Montecatini vincendo i nimici, e il loro sangue battaglievolmente fu sparto, il quale sangue ancora della terra crudelmente grida? Qua' lingua, quantunque eloquente, tante cose potrà narrare? Certo, meglio sotto silenzio è passare che più parlarne, con ciò sia cosa che per silenzio a dirittamente raguardanti più e maggiori cose si deano a 'ntendere. Adunque, acciò che' detti benifici non paiano dimenticati, la nostra intenzione è questa eziandio, se de' fanciulli infanti domandi, i figliuoli, le ricchezze, la vitall'essere ricognosciamo essere proceduta de' detti tuoi pregenitori. Ma·sse adomandi quello che abbiamo fatto a questi tuoi pregenitori, se·llicito è de' fatti benifici racordare, che feciono i Fiorentini contra lo scomunicato re Manfredi? Che contro a Curradino? Che contro allo 'mperadore Arrigo? Che contro al Bavero dannato? A' quali i detti Fiorentini contastanti, per conservare la casa reale, con gran potenza si fecero. L'altre cose sotto silenzio passiamo, sotto il quale silenzio la reale circuspezione eziandio più e maggiori cose comprenderà. Le quali sono ancora più vere che·lle suddette, in tanto che·nnoi non siamo solamente de' tuoi pregenitori e di te figliuoli d'adozzione, ma più tosto congiunti di vera natura. Re adunque gloriosissimo, chi potrà sì fatta congiunzione e devozione individua spartire? Chi·lla potrà divellere o maculare o turbare? Certo, niuno. Per le dette adunque cose la preghiera nostra è questa, reverendissima corona, che·tti preghiamo che gli occhi della tua celsitudinennoi e agli altri devoti d'Italia benignamente converti, acciò che sempre nel cuore reale sia legame indissolubile di benivoglienza e d'amore, e quello non abandoni, ma in te per uno ordine di successione si palesi quella divozione ed amore indissolubole radicata ne' cuori de' Fiorentinitte siccome a padre e benifattore nostro pe' nostri e delle dette comunità preghieri ci offeriamo, com'è detto.

A l'ultimo: avegna Idio, amantissimo prencipe, che·lla maestà reale la circunvenzione degli emulille sforzate macchinazioni a suo podere con somma provedenza scacci, neentemeno la faccia di detti invidiatori, che con tante arti con tanti colori adornati con somma ragione noi proveduti e cauti ci rende, e ancora ci strigne la maestà reale di queste cose informare, e ancora più attentamente pregare, acciò che nelle vie de' suoi pregenitori fermamente perseveranti li sforzamenti di quelli emuli, siccome contagioso morbo, con sottile ingegno di lungi da·ssé cacci e distrugga. Per la qual cosa l'astuzia de' detti emuli diverrà vana e non potrà prevalere, ma come il fieno subitamente si secchi, e·ll'amore nostro e degli altri della casa reale devoti crescerà e sarà immutabile. Dio altissimo benedicenti e lodanti, e sanza fine dicenti: “Benedetto che venne nel nome del Signore”.

 




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