CIX
Ambasciata
sposta a Rimino per gli ambasciadori di Firenze al re d'Ungheria mandati,
recitata nel cospetto del re e del suo consiglio per meser Tommaso Corsini in
gramatica con molti alti latini; fatta volgarizzare per seguire lo stile.
Priegoti che
gli occhi tuoi stieno aperti alla mia orazione, la quale oggi dinanzi a·tte
farò per tuoi figliuoli e devoti. Le parole predette sono parole di Geremia profeta,
le quali si discrivono nel proemio del libro suo.
Serenissimo
principe, il quale a tutti l'Italiani siccome splendida e chiara stella gitti
razzi, e 'l quale per la chiarezza di te ogni altro lume di splendore
diminuisci, siccome aviene alla luna e alle stelle in comperazione a·dDio, nel
cospetto del quale la luna non risprende, le stelle non tralucono e immonde
sono. La presente orazione, la quale con istupore e paura parlerò per tanta
presenzia di così grande re, futura è di grande e alta materia, la quale infino
a' cieli passerà l'onore e·llo stato reale da ogni parte riguardando, per la
quale ancora dipenderà lo stato de' devoti della casa reale, la quale se sarà
con soavità d'amore compresa, dolcissimi frutti partorirà e graziosi avenimenti
aparecchierà. Questa è orazione, per la quale i Fiorentini veghievoli con
animata devozione a' pregenitori tuoi igualmente e a·tte la tua celsitudine
amantissimamente destano, acciò che quella desta, tutte le nebbie passino via,
e al tutto venghino meno. Sieno adunque intorno alle parole promesse gli occhi
della tua maestà aperti alla mia orazione, acciò che per quello, sì allo stato
reale, come allo stato de' suoi divoti si possa salutevolmente provedere. La
presente orazione, acciò che quelle cose che·ssi debbono dire chiaramente si
possano vedere, si divide in tre parti: la prima è raccomandatoria e
offeritoria, la seconda narratoria e supplicatoria, la terza confutatoria.
Al primo: i
priori dell'arti, e gonfaloniere di giustizia, il popolo e 'l Comune della
città di Firenze imposono a·nnoi che a' piè della tua maestà loro e·lla loro
città e tutti gli altri divoti d'Italia raccomandare con riverenza dovessimo, e
que' Fiorentini siccome devotissimi, e·lla loro fiorentissima città siccome
muro e steccato reale, con quella devozione, con che a' tuoi pregenitori,
siccome a' padri e benefattori suoi, essere suti fatti la publica fama il
manifesta, a·tte come degnissimo capo della tua schiatta pe' nostri
raportamenti ti dobbiamo offerere quelle cose, che con allegro animo raportiamo
e narriamo, suplicandoti che·lla reale ecelsitudine la racomandagione
e·ll'oferta di tanti tuoi devoti con graziosi effetti degni d'accettare.
Al secondo:
quale Fiorentino, se uomo si può dire, per virtude puote esere dimentico della divozione
e della benevolenzia tra·lla casa reale e' tuoi pregenitori e 'l Comune di
Firenze da lunghi tempi congiunta, e con graziosi effetti e diversi avenimenti
per successione di tempo aprovata? A·tte ancora, amantissimo principe, si
conviene di questa benivolenza de' tuoi pregenitori, e della nostra devozione,
almeno per udita e per notoria fama, la quale questo nell'universo mondo grida
esere manifesta. Noi ancora della circuspezione reale, e ancora del circulato
de' cavalieri di quella, è convenevole de' lor fatti rinovare memoria, acciò
che non periscano per lo passamento del passato tempo quelle cose che hanno
meritato in perpetuo avere vigore. Se adunque con attento animo rivolgerai le
cose fatte magnifiche e benifici della prechiara memoria del cristianissimo
principe re Carlo trisavolo tuo, or none i Fiorentini guelfi, della città di
Firenze cacciati, colla sua potenzia e con armata mano in quella città
groriosamente rimise? Se del secondo re Carlo bisavolo tuo le cose fatte
rivolgerai, partissi elli dall'opere del padre suo? Certo no. Ma con quello
proveduto e favorevole seguire lui seguitando, molti beni a' Fiorentini fece.
Se del sapientissimo de' savi re Ruberto tuo zio, il quale fu specchio non
corrotto di tutti i re (avegna che per generazione Ruberto, e per unzione re
Ruberto fosse nomato, per la smisurata e non udita sapienza, per una
regenerazione dovrebbe esere apellato novello Salamone), i suoi fatti
rivolgerai, partissi elli dalle vie de' suoi pregenitori? Or none. Quando della
degnità ducale usava ad istanza di Fiorentini a strignere e vincere la città di
Pistoia, con risprendevole compagnia di cavalieri personalmente venne. E poi
venuto a dignità reale partissi elli dalle cose incominciate? O innumerevoli
benifici a quelli Fiorentini fece, in tanto che in caso del bisogno al suo
unigenito figliuolo non perdonasse? Che se rivolgerai le cose fatte da meser
Filippo prencipe di Taranto, che se di meser Piero suo fratello grandi tuoi
zii, che se di meser Carlo figliuolo del detto meser lo prencipe di Taranto
consubrino tuo le cose fatte ripensi, none i due ultimi moriro nel piano da
Montecatini vincendo i nimici, e il loro sangue battaglievolmente fu sparto, il
quale sangue ancora della terra crudelmente grida? Qua' lingua, quantunque
eloquente, tante cose potrà narrare? Certo, meglio sotto silenzio è passare che
più parlarne, con ciò sia cosa che per silenzio a dirittamente raguardanti più
e maggiori cose si deano a 'ntendere. Adunque, acciò che' detti benifici non
paiano dimenticati, la nostra intenzione è questa eziandio, se de' fanciulli
infanti domandi, i figliuoli, le ricchezze, la vita e·ll'essere ricognosciamo
essere proceduta de' detti tuoi pregenitori. Ma·sse adomandi quello che abbiamo
fatto a questi tuoi pregenitori, se·llicito è de' fatti benifici racordare, che
feciono i Fiorentini contra lo scomunicato re Manfredi? Che contro a Curradino?
Che contro allo 'mperadore Arrigo? Che contro al Bavero dannato? A' quali i
detti Fiorentini contastanti, per conservare la casa reale, con gran potenza si
fecero. L'altre cose sotto silenzio passiamo, sotto il quale silenzio la reale
circuspezione eziandio più e maggiori cose comprenderà. Le quali sono ancora
più vere che·lle suddette, in tanto che·nnoi non siamo solamente de' tuoi
pregenitori e di te figliuoli d'adozzione, ma più tosto congiunti di vera
natura. Re adunque gloriosissimo, chi potrà sì fatta congiunzione e devozione
individua spartire? Chi·lla potrà divellere o maculare o turbare? Certo, niuno.
Per le dette adunque cose la preghiera nostra è questa, reverendissima corona,
che·tti preghiamo che gli occhi della tua celsitudine a·nnoi e agli altri
devoti d'Italia benignamente converti, acciò che sempre nel cuore reale sia
legame indissolubile di benivoglienza e d'amore, e quello non abandoni, ma in
te per uno ordine di successione si palesi quella divozione ed amore
indissolubole radicata ne' cuori de' Fiorentini a·tte siccome a padre e
benifattore nostro pe' nostri e delle dette comunità preghieri ci offeriamo,
com'è detto.
A l'ultimo: avegna
Idio, amantissimo prencipe, che·lla maestà reale la circunvenzione degli emuli
e·lle sforzate macchinazioni a suo podere con somma provedenza scacci,
neentemeno la faccia di detti invidiatori, che con tante arti con tanti colori
adornati con somma ragione noi proveduti e cauti ci rende, e ancora ci strigne
la maestà reale di queste cose informare, e ancora più attentamente pregare,
acciò che nelle vie de' suoi pregenitori fermamente perseveranti li sforzamenti
di quelli emuli, siccome contagioso morbo, con sottile ingegno di lungi da·ssé
cacci e distrugga. Per la qual cosa l'astuzia de' detti emuli diverrà vana e
non potrà prevalere, ma come il fieno subitamente si secchi, e·ll'amore nostro
e degli altri della casa reale devoti crescerà e sarà immutabile. Dio altissimo
benedicenti e lodanti, e sanza fine dicenti: “Benedetto che venne nel nome del
Signore”.
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