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Giovanni Villani
Nuova cronica

IntraText CT - Lettura del testo

  • Tomo terzo
    • Libro tredecimo
      • CXII               Come il re d'Ungheria fece morire il duca di Durazzo, e fece pigliare gli altri reali, e come entrò in Napoli.
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CXII

 

           

Come il re d'Ungheria fece morire il duca di Durazzo, e fece pigliare gli altri reali, e come entrò in Napoli.

           

Partito il re d'Ungheria di Benevento, fece la via da Matalona, e giunse in Aversa a XVII di gennaio. Que' d'Aversa ebbono gran paura, perché si dicea che 'l re la farebbe distruggere, perché v'era morto il re Andreas suo fratello, e nascosono e sotterrarono tutto loro tesoro e cose care; ma il re ordinò un suo vicaro chiamato fra Moriale con suoi Ungari in arme alla guardia della terra, e fare giustizia di rubatori e malandrini, ch'assai ne seguivano suo oste. E inn-Aversa soggiornò il re da VI , dimorando nel castello reale d'Aversa. E·llà vi vennero più di mille gentili uomini di Napoli a vedere il re, e vennevi il conte di Fondi, nipote che·ffu di papa Bonifazio, di Campagna, con D cavalieri al suo servigio; e più altri baroni del paese vi vennero a farli omaggio. Vennervi i reali, ciò furono il prenze di Taranto, nominato Ruberto, con Filippo suo minore fratello; che meser Luigi, come avemo detto, s'era fuggito da Napoli. E vennevi Carlo duca di Durazzo, e meser Luigi e Ruberto suoi fratelli, e figliuoli che furono di meser Gianni prenza della Morea. E venne co·lloro Giovannone di Cantelmo, e Giufredi conte di Squillaci amiraglio del Regno con molti altri baroni e cavalieri (avendo il re data loro fidanza, con patto che non fossono stati colpevoli della morte del fratello), e giunti al re al castello d'Aversa, gli feciono omaggio; e tutti gli baciò in bocca e diè loro desinare; e·cciò fu XXIII di gennaio. E dopo mangiare il re fece armare tutta sua gente, ed elli medesimo s'armò, e mossesi per venire a Napoli, e' reali disarmati cogli altri baroni intorno di lui faccendogli compagnia. E come furono a cavallo, il re disse al duca di Durazzo: “Menatemi ove fu morto Andreas mio fratello”. Il duca disse: “Non ve ne travagliate, ch'io non vi fu' mai”, credendolo levare dall'oppenione, e già temendo per li crudi sembianti de·rre. Il re disse vi pure voleva andare a vedere; e giunti al monistero di frati di Maiella, smontò da cavallo, e saliro in sulla sala e al gueffo, cioè sporto sopra il giardino, ove il re Andreas fu gittato strangolato e morto. Allora il re si volse al duca di Durazzo, e dissegli: “Tu fosti traditore e adoperatore della morte del tuo signore e mio fratello e adoperasti in corte col tuo zio cardinale di Peragorga, che a tua pitizione s'indugiò e non si fece, come dovea, per lo papa la sua coronazione. Lo quale indugio fu cagione della sua morte, e con frode e inganno ti facesti dispensare al papa di torre per moglie la tua cugina sua cognata, acciò che·llui mortolla reina Giovanna sua moglie, tu succedessi ad esere re; e·sse' stato in arme contro alla nostra potenza col traditore meser Luigi di Taranto tuo cugino, e nostro ribello e nimico, il quale ha fatto come tu, con frode e sagrilegio sposata quella rea femmina e adultera e traditrice del suo signore e marito, Giovanna moglie che·ffu d'Andreas nostro fratello. E però e' conviene che·ttu muoia ove facesti morire lui”. Il duca di Durazzo si volea scusare non colpevole, e domandò al re misericordia. Lo re gli disse: “Come ti puo' tu scusare?”, mostrandogli lettere con suo suggello ch'elli avea mandate a Carlo d'Artugio del trattato della morte d'Andreas. E incontanente, come avea ordinato, il fedì nel petto, che non avea arme, uno meser Filippo ungaro, e poi lo prese uno per li capelli; e 'l detto meser Filippo gli tagliò la gola, non però afatto il collo, ma de' detti colpi morì di presente. E da certi Ungari che gli erano d'intorno fu preso e gittato da quello verone nel giardino ove fu gittato Andreas, e comandò nogli fosse data sepoltura sanza sua licenzia. E·cciò fatto, com'era ordinato, gli altri IIII nominati reali furono presi e messi in buona guardia di cavalieri ungari nel castello d'Aversa; e di certo si disse, e crede, che s'elli avesse preso co·lloro meser Luigilla reina, tutti gli avrebbe fatti morire co·llui. E loro presi, tutti i loro cavalli e arnesi furono rubati, e simile i loro ostelli di Napoli, salvo quello del prenze di Taranto. E·lla moglie del duca di Durazzo, ch'era in Napoli, di notte, mal vestita e peggio in arnese, con due sue piccole fanciulle in braccio, si fuggì nel munistero di Santa Croce, e poi di nascosamente vestita in abito di frate, e con poca compagnia, arrivò a Montefiascone al legato; e poi isconosciuta se n'andò verso Francia. Tale fu la fine del duca di Durazzo, e·lla presura degli altri reali, e scacciamento di loro donne e di loro famiglie. Per molti se ne fece quistione, opponendo al re tradimento del suo sangue, avendogli fidati e baciati in bocca, e caritevolemente mangiato co·lloro, e poi fatto morire il duca di Durazzo, e gli altri reali innocenti presi. Altri dissono che non era tradimento a tradire il traditore, se colpa v'ebbe, come gli oppose. Ma per li savi si giudicò che questa crudeltà e quello ne seguì di male fu dispensato e premesso da·dDio per li ladii peccati comessi nello re Andreas, ch'era giovane e innocente, che per lo peccato della invidia e covidigia della signoria sua con superbia fu commesso tradimento con iscellerato paricida di loro signore, e ancora ci fu il laido e abominevole peccato per cagione d'avolterio e sacrilegio tra congiunti, come avemo adietro fatta menzione, che·ffu cagione della morte di quello innocente. E già la vendetta d'Iddio non passa sanza penitenzia e meriti di sì innormi peccati. La presura degli altri reali fece più per sua sicurtà, che per colpa ch'avessono, se non d'essere in arme a Capova contra a·llui.

Lo re d'Ungheria quello medesimo , XXIIII di gennaio, con sua gente armati ed elli medesimo armato colla barbuta in testa, con una sopravesta indosso di sciamito porporino ivi su i gigli di perle seminati, entrò in Napoli, e non volle palio sopra capo né altra pompa, com'era aparecchiato per lui dalli Napoletani di fare. E smontò a Castello Nuovo, e intese a riformare la terra e il reame, faccendo nuovi dicreti e nuove inquisizioni della morte di suo fratello, e rinovando ufici e signoraggi, e togliendoglicchi trovò colpevoli, e dandoli a chi l'avea servito, che sarebbe lunga mena a dire. I Napoletani i più erano tristi e in paura, sì per le grascie degli ufici del Regno e vantaggi ch'avieno da' reali; e allora furono mutati e tolti essi per la morte del duca; che, come dice Seneca, chi a uno offende molti ne minaccia. Ivi a pochi mandò il re a Castello dell'Uovo per lo fanciullo si dicea rimaso dello re Andreas, nominato Carlo Martello, e videlo graziosamente, e fecelo duca di Calavra. E con buona compagnia di cameriere e di balie che 'l nodrivano e governavano, inn-una bara cavallereccia nobilemente a II di febraio il mandò ad Aversa, e di , cogli altri reali che v'erano presi, con buona guardia d'Ungari il mandò ad Ortona, e di per mare passarono inn Ischiavonia, e di in Ungheria. Avendo assai larga prigione, con buona guardia si riposano co·lloro vergogna in Ungheria, e con poco onore, e meno da spendere. E così si muta la fortuna di questo secolo in poco tempo, altrui par essere in maggiore stato.

 




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