CXII
Come il re
d'Ungheria fece morire il duca di Durazzo, e fece pigliare gli altri reali, e
come entrò in Napoli.
Partito il re
d'Ungheria di Benevento, fece la via da Matalona, e giunse in Aversa a dì XVII
di gennaio. Que' d'Aversa ebbono gran paura, perché si dicea che 'l re la
farebbe distruggere, perché v'era morto il re Andreas suo fratello, e nascosono
e sotterrarono tutto loro tesoro e cose care; ma il re ordinò un suo vicaro
chiamato fra Moriale con suoi Ungari in arme alla guardia della terra, e fare
giustizia di rubatori e malandrini, ch'assai ne seguivano suo oste. E
inn-Aversa soggiornò il re da VI dì, dimorando nel castello reale d'Aversa.
E·llà vi vennero più di mille gentili uomini di Napoli a vedere il re, e
vennevi il conte di Fondi, nipote che·ffu di papa Bonifazio, di Campagna, con D
cavalieri al suo servigio; e più altri baroni del paese vi vennero a farli
omaggio. Vennervi i reali, ciò furono il prenze di Taranto, nominato Ruberto,
con Filippo suo minore fratello; che meser Luigi, come avemo detto, s'era
fuggito da Napoli. E vennevi Carlo duca di Durazzo, e meser Luigi e Ruberto
suoi fratelli, e figliuoli che furono di meser Gianni prenza della Morea. E
venne co·lloro Giovannone di Cantelmo, e Giufredi conte di Squillaci amiraglio
del Regno con molti altri baroni e cavalieri (avendo il re data loro fidanza,
con patto che non fossono stati colpevoli della morte del fratello), e giunti
al re al castello d'Aversa, gli feciono omaggio; e tutti gli baciò in bocca e
diè loro desinare; e·cciò fu dì XXIII di gennaio. E dopo mangiare il re fece
armare tutta sua gente, ed elli medesimo s'armò, e mossesi per venire a Napoli,
e' reali disarmati cogli altri baroni intorno di lui faccendogli compagnia. E
come furono a cavallo, il re disse al duca di Durazzo: “Menatemi ove fu morto
Andreas mio fratello”. Il duca disse: “Non ve ne travagliate, ch'io non vi fu'
mai”, credendolo levare dall'oppenione, e già temendo per li crudi sembianti
de·rre. Il re disse vi pure voleva andare a vedere; e giunti al monistero di
frati di Maiella, smontò da cavallo, e saliro in sulla sala e al gueffo, cioè
sporto sopra il giardino, ove il re Andreas fu gittato strangolato e morto.
Allora il re si volse al duca di Durazzo, e dissegli: “Tu fosti traditore e
adoperatore della morte del tuo signore e mio fratello e adoperasti in corte
col tuo zio cardinale di Peragorga, che a tua pitizione s'indugiò e non si
fece, come dovea, per lo papa la sua coronazione. Lo quale indugio fu cagione
della sua morte, e con frode e inganno ti facesti dispensare al papa di torre
per moglie la tua cugina sua cognata, acciò che·llui morto e·lla reina Giovanna
sua moglie, tu succedessi ad esere re; e·sse' stato in arme contro alla nostra
potenza col traditore meser Luigi di Taranto tuo cugino, e nostro ribello e
nimico, il quale ha fatto come tu, con frode e sagrilegio sposata quella rea
femmina e adultera e traditrice del suo signore e marito, Giovanna moglie
che·ffu d'Andreas nostro fratello. E però e' conviene che·ttu muoia ove facesti
morire lui”. Il duca di Durazzo si volea scusare non colpevole, e domandò al re
misericordia. Lo re gli disse: “Come ti puo' tu scusare?”, mostrandogli lettere
con suo suggello ch'elli avea mandate a Carlo d'Artugio del trattato della
morte d'Andreas. E incontanente, come avea ordinato, il fedì nel petto, che non
avea arme, uno meser Filippo ungaro, e poi lo prese uno per li capelli; e 'l
detto meser Filippo gli tagliò la gola, non però afatto il collo, ma de' detti
colpi morì di presente. E da certi Ungari che gli erano d'intorno fu preso e
gittato da quello verone nel giardino ove fu gittato Andreas, e comandò nogli
fosse data sepoltura sanza sua licenzia. E·cciò fatto, com'era ordinato, gli
altri IIII nominati reali furono presi e messi in buona guardia di cavalieri
ungari nel castello d'Aversa; e di certo si disse, e crede, che s'elli avesse
preso co·lloro meser Luigi e·lla reina, tutti gli avrebbe fatti morire co·llui.
E loro presi, tutti i loro cavalli e arnesi furono rubati, e simile i loro
ostelli di Napoli, salvo quello del prenze di Taranto. E·lla moglie del duca di
Durazzo, ch'era in Napoli, di notte, mal vestita e peggio in arnese, con due
sue piccole fanciulle in braccio, si fuggì nel munistero di Santa Croce, e poi
di là nascosamente vestita in abito di frate, e con poca compagnia, arrivò a
Montefiascone al legato; e poi isconosciuta se n'andò verso Francia. Tale fu la
fine del duca di Durazzo, e·lla presura degli altri reali, e scacciamento di
loro donne e di loro famiglie. Per molti se ne fece quistione, opponendo al re
tradimento del suo sangue, avendogli fidati e baciati in bocca, e
caritevolemente mangiato co·lloro, e poi fatto morire il duca di Durazzo, e gli
altri reali innocenti presi. Altri dissono che non era tradimento a tradire il
traditore, se colpa v'ebbe, come gli oppose. Ma per li savi si giudicò che
questa crudeltà e quello ne seguì di male fu dispensato e premesso da·dDio per
li ladii peccati comessi nello re Andreas, ch'era giovane e innocente, che per
lo peccato della invidia e covidigia della signoria sua con superbia fu
commesso tradimento con iscellerato paricida di loro signore, e ancora ci fu il
laido e abominevole peccato per cagione d'avolterio e sacrilegio tra congiunti,
come avemo adietro fatta menzione, che·ffu cagione della morte di quello
innocente. E già la vendetta d'Iddio non passa sanza penitenzia e meriti di sì
innormi peccati. La presura degli altri reali fece più per sua sicurtà, che per
colpa ch'avessono, se non d'essere in arme a Capova contra a·llui.
Lo re
d'Ungheria quello medesimo dì, dì XXIIII di gennaio, con sua gente armati ed
elli medesimo armato colla barbuta in testa, con una sopravesta indosso di
sciamito porporino ivi su i gigli di perle seminati, entrò in Napoli, e non
volle palio sopra capo né altra pompa, com'era aparecchiato per lui dalli
Napoletani di fare. E smontò a Castello Nuovo, e intese a riformare la terra e
il reame, faccendo nuovi dicreti e nuove inquisizioni della morte di suo
fratello, e rinovando ufici e signoraggi, e togliendogli a·cchi trovò
colpevoli, e dandoli a chi l'avea servito, che sarebbe lunga mena a dire. I
Napoletani i più erano tristi e in paura, sì per le grascie degli ufici del
Regno e vantaggi ch'avieno da' reali; e allora furono mutati e tolti essi per
la morte del duca; che, come dice Seneca, chi a uno offende molti ne minaccia.
Ivi a pochi dì mandò il re a Castello dell'Uovo per lo fanciullo si dicea
rimaso dello re Andreas, nominato Carlo Martello, e videlo graziosamente, e
fecelo duca di Calavra. E con buona compagnia di cameriere e di balie che 'l
nodrivano e governavano, inn-una bara cavallereccia nobilemente a dì II di
febraio il mandò ad Aversa, e di là, cogli altri reali che v'erano presi, con
buona guardia d'Ungari il mandò ad Ortona, e di là per mare passarono inn
Ischiavonia, e di là in Ungheria. Avendo assai larga prigione, con buona
guardia si riposano co·lloro vergogna in Ungheria, e con poco onore, e meno da
spendere. E così si muta la fortuna di questo secolo in poco tempo, altrui par
essere in maggiore stato.
|