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Giovanni Villani
Nuova cronica

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  • Tomo terzo
    • Libro tredecimo
      • CXVIII               Di certe novità che in questi tempi furono in Firenze.
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CXVIII

 

           

Di certe novità che in questi tempi furono in Firenze.

           

All'uscita di novembrell'entrata di dicembre del detto anno subitamente montò il grano in Firenze, di soldi XXII che valea lo staio, in uno mezzo fiorino d'oro, e infino soldi XXXV lo staio, onde il popolo si maravigliò, e temette forte, dubitando non tornasse la carestia passata. E·cciò avenne perché la Romagna, d'onde ci solea venire il grano delle circustanze del Mugello, n'andava in Romagna, però che in Vinegia avea gran caro di grano; e per la generale mortalità e infermità delle terre marine, come detto avemo adietro, e per la venuta del re d'Ungheria in Puglia, i Viniziani non potieno avere tratta di grano né di Cicilia né di Puglia; e' Viniziani male potieno navicare. Provvidesi sopra·cciò per gli uficiali della vittuaglia di fare guardare i confini del nostro contado verso Romagna, e di fare venire grano da Pisa e di Maremma e di Siena e d'Arezzo, onde per la providenza buona tosto tornò in soldi XXII e soldi XX lo staio.

E a XI di gennaio si fece riformagione per lo Comune, e ordinossi che·lle signorie, come la podestà, entrasse al suo uficio a calen di gennaio e in calen di luglio, e 'l capitano del popolo in calen di maggio e in calen di novembre, e·ll'esecutore degli ordini della giustizia in calen di aprile e in calen di ottobre, com'era usato per li tempi passati; i quali tempi s'erano rimossi per la tirannia del duca d'Atene, che·lli facea a suo beneplacito quando signoreggiò Firenze. E ordinossi che come fossero entrate le dette signorie, incontanente infra XV apresso i priori e gli altri collegi ch'hanno ad eleggere le dette signorie li dovessono eleggere sotto certa pena, per cessare le pregherie di rettori, e non avere cagione di raffermarli; che·ffu buono e ottimo dicreto, quando s'osservasse. Ma il nostro difetto di mutare spesso leggi e ordini e costumi col non istante che·ssi mette nelle riformagioni del Comune guasta ogni buono ordine e legge, ma è·ssi nostro difetto quasi naturato,

 

[...] che in mezzo novembre

Non giugne quel che·ttu d'ottobre fili,

 

come disse il nostro poeta.

 




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