XXIV
Della venuta di Gotti e di Vandali in Italia, e come distrussono il
paese e assediaro la città di Firenze al tempo di santo Zenobio vescovo di
Firenze.
Dapoi che·llo 'mperio de' Romani si traslatò di Roma in Grecia per
Gostantino, e quasi fu partito, e talora abandonato per gli suoi successori,
venne molto scemando. Per la qual cosa negli anni di Cristo circa IIIIc,
regnando nello 'mperio di Roma e di Gostantinopoli Arcadio e Onorio figliuoli
di Teodosio, una gente barbera delle parti tra 'l settentrione e levante, delle
province che si chiamano Gozia e Svezia, di là dal fiume del Danubio, scese uno
signore ch'ebbe nome Alberigo re de' Gotti, con grande seguito della gente di
quegli paesi, e per loro forza passaro in Africa, e distrussolla in grande
parte, e tornando in Italia, per forza distrussono grande parte di Roma, e la
provincia d'intorno ardendo, e uccidendo chiunque loro si parava innanzi, sì
come gente pagana e sanza alcuna legge, volendo disfare e abbattere lo 'mperio
de' Romani; e in grande parte il consumaro. E poi, negli anni di Cristo IIIIcXV
intorno, Rodagio re de' Gotti, successore del detto Alberigo, ancora passò in
Italia con innumerabile esercito di gente; venne per distruggere la città di
Roma, e guastò molto della provincia di Lombardia e di Toscana. Per la detta
cagione gli Romani veggendosi così aflitti, e forte temendo del detto Rodagio
che già era in Toscana, e poi si puose all'asedio della loro città di Firenze,
mandato per soccorso in Gostantinopoli a lo 'mperadore. Per la qual cosa Onorio
imperadore venne in Italia per soccorrere lo 'mperio di Roma, e coll'oste de'
Romani venne in Toscana a la città di Firenze per contastare il detto Rodagio,
overo Rodagoso, il quale era all'asedio di Firenze con CCm di Gotti e più; il
quale per la volontà di Dio spaventò, sentendo la venuta dello 'mperadore
Onorio, si ritrassono ne' monti di Fiesole e d'intorno, e ne le valli; e ivi
ridotti in arido luogo e non proveduti di vittuaglia, assediati d'intorno a le
montagne da Onorio e dall'oste de' Romani, più per miracolo divino che per
forza umana (imperciò che a comparazione de' Gotti l'oste dello imperadore
Onorio era quasi niente); ma per la fame e sete sofferta per più giorni per li
Gotti, s'arendero i Gotti presi, dopo molto grande quantità prima morti di
fame, i quali come bestie furono tutti venduti per servi, e per uno danaio
diedono l'uno, con tutto che per la fame e disagio che aveano avuto, la
maggiore parte si moriro in brieve tempo a danno de' comperatori che gli aveano
a soppellire; e Rodagaso, di nascosto fuggito de la sua oste, da' Romani fu
preso e morto. E così mostra che niuna signoria né grandezza nonn-ha fermo
stato, e che non venga meno; ché sì come anticamente gli Romani andavano per
l'universe parti del mondo conquistando e sottomettendosi le province e' popoli
sotto loro giuridizione, così per diversi popoli e nazioni furono aflitti e
tribulati lungo tempo, come innanzi farà menzione; e quegli che lo 'mperio
consumarono furono a la fine distrutti per le loro peccata.
Essendo la nostra provincia di Toscana stata in questa afflizzione, e la
città di Firenze per la venuta e assedio de' Gotti in grande tribolazione, sì
era in Firenze per vescovo uno santo padre ch'ebbe nome Zenobio. Questi fu
cittadino di Firenze, e fue santissimo uomo, e molti miracoli fece Idio per lui,
e risucitò morti, e si crede che per gli suoi meriti la città nostra fosse
libera da' Gotti, e dopo la sua vita santa molti miracoli fece. E simile
santificò co·llui santo Crescenzio e santo Eugenio suo diacano e soddiacano, i
quali sono soppelliti i loro corpi santi nella chiesa di Santa Reparata, la
quale prima fu nomata Santo Salvadore; ma per la vittoria che Onorio imperadore
co' Romani e co' Fiorentini ebbono contra Rodagaso re de' Gotti il dì di santa
Reparata, fu a sua reverenza rimosso il nome a la grande chiesa di Santo
Salvadore in Santa Reparata, e rifatto Santo Salvadore in vescovado, com'è a'
nostri dì. Il detto santo Zenobio morì a San Lorenzo fuori de la città, e
recando il suo corpo a Santa Reparata, toccò uno olmo che era secco nella piazza
dì Santo Giovanni, e incontanente tornò verde e fiorìo; e per memoria di ciò
v'è oggi una croce in su una colonna in quello luogo.
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