Libro terzo
I
Qui comincia il terzo libro: come la città di Firenze fu distrutta per
Totile Flagellum Dei re de' Gotti e de' Vandali.
Negli anni di Cristo CCCCXL, al tempo di santo Leo papa, e di Teodosio e
Valentiniano imperadori, nelle parti d'aquilone fu uno re de' Vandali e di
Gotti che si chiamava Bela, sopranomato Totile. Questi fu barbaro, e sanza
legge, e crudele di costumi e di tutte cose, nato della provincia di Gozia e di
Svezia, e per la sua crudeltà uccise il fratello, e molte diverse nazioni di
genti per sua forza e potenzia si sottopuose; e poi si dispuose di distruggere
e consumare lo 'mperio de' Romani, e disfare Roma; e così per sua signoria
raunò innumerabile gente del suo paese, di Svezia, e di Gozia, e poi di
Pannonia, cioè Ungaria, e di Dannesmarche, per entrare in Italia. E volendo
passare in Italia, da' Romani, e Borgognoni, e Franceschi fu contrastato, e
grande battaglia contra lui fatta nelle contrade di Lunina, cioè Frioli e
Aquilea, co la maggiore mortalità di gente che mai fosse in neuna battaglia
dall'una parte e dall'altra; e fu morto il re di Borgogna, e Totile come
sconfitto si tornò in suo paese co la gente che gli era rimasa. Ma poi volendo
seguire suo proponimento di distruggere lo 'mperio di Roma, si raunò maggiore
esercito di gente che prima, e venne in Italia. E prima si puose ad assedio a
la città d'Aquilea e stettevi per tre anni, e poi la prese e arse e distrusse
con tutte le genti; e intrato in Italia, per simile modo distrusse Vincenza, e
Brescia, e Bergamo, e Milano, e Ticino, e quasi tutte le terre di Lombardia,
salvo Modona per gli meriti di santo Giminiano che n'era vescovo, che per
quella città trapassando con sua gente, per miracolo di Dio no·lla vide se non
quando ne fu fuori, e per lo miracolo la lasciò che no·lla distrusse; e
distrusse Bologna, e fece martorizzare santo Procolo vescovo di Bologna, e così
quasi tutte le terre di Romagna distrusse. E poi trapassando in Toscana, trovò
la città di Firenze poderosa e forte. Udendo la nominanza di quella, e come era
edificata da nobilissimi Romani, e era camera dello imperio e di Roma, e come
in quella contrada era stato morto Rodagasio re de' Gotti suo anticessore con
così grande moltitudine di Gotti, come adietro è fatta menzione, comandò che
fosse assediata, e più tempo vi stette invano. E veggendo che per assedio
no·lla potea avere, imperciò ch'era fortissima di torri, e di mura, e di molta
buona gente, per inganno, e lusinghe, e tradimento s'ingegnò d'averla; ché i
Fiorentini aveano continuo guerra colla città di Pistoia. Totile si rimase di
guastare intorno a la città, e mandò a' Fiorentini che volea essere loro amico,
e in loro servigio distruggere la città di Pistoia, promettendo e mostrando
a·lloro grande amore, e di dare loro franchigie con molti larghi patti. I
Fiorentini male aveduti (e però furono poi sempre in proverbio chiamati ciechi)
credettono a le sue false lusinghe e vane promessioni, apersogli le porte, e
misollo nella città lui e sua gente; e albergò nel Campidoglio. Il crudele
tiranno essendo nella città con tutta sua forza, e con falsi sembianti mostrava
amore a' cittadini, uno giorno fece richiedere a suo consiglio li maggiori e
più possenti caporali de la terra in grande quantità. E come giugnevano in
Campidoglio, passando ad uno ad uno per uno valico di camera, gli facea
uccidere e amazzare, non sentendo l'uno dell'altro, e poi gli facea gittare
nelli acquidocci del Campidoglio, cioè la gora d'Arno ch'andava sotterra per lo
Campidoglio, acciò che niuno se n'acorgesse. E così ne fece morire in grande
quantità, che niente se ne sentiva nella città di Firenze, se non che
all'uscita della città ove si scoprivano i detti acquidocci, overo gora, e
rientravano inn-Arno, si vedea tutta l'acqua rossa e sanguinosa. Allora la
gente s'acorse dello inganno e tradimento; ma fu indarno e tardi, però che
Totile aveva fatto armare tutta sua gente, e come s'avide che·lla sua crudelità
era scoperta, comandò che corressono la terra uccidendo piccoli e grandi,
uomini e femmine; e così fue fatto sanza riparo, però che li cittadini erano
sanza arme e isproveduti; e truovasi che in quello tempo avea nella città di
Firenze XXIIm d'uomini d'arme, sanza gli vecchi e' fanciugli. La gente della
città veggendosi a tale dolore e distruzione venuti, chi potéo scampare il
fece, fuggendosi in contado, e nascondendosi in fortezze, e in boschi, e caverne;
ma molti e più de' cittadini ne furono morti, e tagliati, e presi, e la città
fue tutta spogliata d'ogni sustanzia e ricchezza per gli detti Gotti, Vandali,
e Ungari. E poi che Totile l'ebbe così consumata di genti e dell'avere, comandò
che fosse distrutta e arsa e guasta, e non vi rimanesse pietra sopra pietra; e
così fu fatto, se non che da l'occidente rimase una delle torri che Igneo
Pompeo avea edificata, e dal settentrione e dal mezzogiorno una delle porte, e
infra la città presso a la porta casa, sive domo, interpetriamo il Duomo
di Santo Giovanni, chiamato prima casa di Marti. E di vero mai non fue
disfatto, né disfarà in etterno, se non al die iudicio; e così si truova
scritto nello ismalto del detto Duomo. E ancora vi rimasono l'alte torri, overo
templi, segnati per alfabeto, che così gli troviamo in antiche croniche, le
quali non sappiamo interpetrare: ciò sono S e casa P e casa F.
Porte IIII avea la città, e VI postierle; e torri di maravigliosa fortezza
erano sopra le porte. E l'idolo dello Idio Marti che' Fiorentini levarono del
tempio e puosono sopra una torre, allora cadde inn-Arno, e tanto vi stette
quanto la città stette disfatta. E così fu distrutta la nobile città di Firenze
dal pessimo Totile a dì XXVIII di giugno negli anni di Cristo CCCCL, e anni
VcXX da la sua edificazione; e nella detta città fu morto il beato Maurizio
vescovo di Firenze a gran tormento per la gente di Totile, e il suo corpo giace
in Santa Reparata.
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