XXI
Della contessa Mattelda.
La madre della contessa Mattelda è detto che fu figliuola d'uno che regnò
in Costantinopoli imperadore, nella cui corte fu uno Italiano di nobili costumi
e di grande lignaggio e liberale, e amaestrato nell'armi, destro e dotato di
tutti doni, sì come quegli in cui i·legnaggio chiaramente suole militare. Per
tutte queste cose era a tutti amabile, e grazioso in costumi. Cominciando a
guardare la figliuola dello 'mperadore, occultamente di matrimonio si
congiunse, e prese i gioelli e la pecunia che poterono avere, e co·llui in
Italia si fuggì, e prima pervennono nel vescovado di Reggio in Lombardia, e di
questa donna e del marito nacque la valente contessa Mattelda; ma il padre
della detta donna, cioè lo 'mperadore di Costantinopoli, che non avea altra
figliuola, assai fece cercare come la potesse trovare, e trovata fu da coloro
che·lla cercavano nel detto luogo; e richiesta da·lloro che tornasse al padre
che·lla rimariterebbe a qualunque principe volesse, rispuose costui sopra tutti
avere eletto, e che impossibile sarebbe che abandonato costui, mai con altro
uomo sì congiugnesse. E nunziate queste cose allo 'mperadore, mandò
incontanente lettere e confermamento del matrimonio, e pecunia sanza novero, e
comandò che·ssi comperasse castella e ville per cheunque pregio si potessono
trovare, e nuove edificazioni fare. E comperarono nel detto luogo tre castella,
cioè, insieme, molto presso, per la quale pressezza Reggio quelle Tre Castella
volgarmente chiama. E non molto di lungi da' detti tre castelli la donna
edificare fece una rocca nel monte da non potere essere combattuta, la qual si
chiamava Canossa, ove poi la contessa fondò uno nobile munistero di monache e
dotollo. Questo ne' monti; ma nel piano fece Guastalla e Suzzariani, e lungo il
fiume del Po comperò, e più munisteri edificò, e più nobili ponti fece sopra i
fiumi di Lombardia. E anche Carfagnana e la maggiore parte del Frignano, e nel
vescovado modonese si dice che furono le sue possessioni, e nel bolognese
Orzellata e Medicina, grandi ville e spaziose, di suo patrimonio furono, e
molte altre n'ebbe in Lombardia; e in Toscana castella fece e la torre a
Polugiano pertinenti alla sua signoria; e molti nobili uomini largamente datò;
loro sotto fio vassalli si fece; in diversi luoghi molti munisteri e edificò;
molte chiese cattedrali e non cattedrali dotò. E alla perfine morto il padre e
la madre della contessa Mattelda, e ella rimasa ereda, si diliberò di maritare;
e inteso la fama e la persona e l'altre cose d'uno nato di Soavia che avea nome
Gulfo, solenni messi mandò a·llui e legittimi procuratori, che intra·llui e
lei, avegna che non fossono presenti, i patti del matrimonio confermassono, e
ratificassono il luogo ove si doveano fare le nozze; l'anello si diede al
castello nobile de' conti Cinensi, avegna che oggi sia distrutto. E vegnendo
Gulfo al detto castello, la contessa Mattelda con molta cavalleria gli andò
incontro, e con molta letizia ivi sono le feste delle nozze fatte. Ma tosto la
trestizia succedette a quella allegrezza, quando il contratto matrimonio non
annodato si manifestò per lo mancamento dello ingenerare, il quale spezialmente
è detto d'essere la volontà del matrimonio, però che Gulfo la moglie
carnalmente non potea conoscere né altra femmina per friggidità naturale, o per
altro impedimento perpetuo impedito; ma impertanto volendo ricoprire la sua
vergogna, diceva a la moglie che questo gli aveniva per malie che fatte gli
erano per alcuno che invidiava gli suoi felici avenimenti. Ma la contessa
Mattelda piena di fede dinanzi di Dio e dinanzi dagli uomini magnanimi, di
questi malificii nulla intendendo, schernita sé per lo marito tenendo, la
camera sua e tutti gli ornamenti e letti e vestimenti e tutte cose comandò
che·ssi votassero, e la mensa nuda fece apparecchiare, e chiamato Gulfo suo
marito tutto spogliata di vestimenti, e' crini del capo diligentemente
scrinati, questa disse: “Niune malie essere possono, meni e usa il nostro
congiuramento”. E quegli non potendo, allora gli disse la contessa: “Alle
nostre grandezze tu presummisti di fare inganno; per lo nostro onore a te
perdonanza concediamo, ma comandianti sanza dimoranza che·tti debbi partire, e
alle tue propie case ritornare; la qual cosa se di fare ti starai, sanza
pericolo di morte non puoi scampare”; e egli spaventato di paura, confessata la
verità, avacciò il suo ritorno in Soavia. La contessa adunque tacendo, temendo
lo 'nganno, e gli altri incarichi del matrimonio avendo in odio, la sua vita
infino a la morte in castità trasportò; e attendendo ad opere di pietà, molte
chiese e monisteri e spedali edificò e dotò; e due volte con grande oste in
servigio della Chiesa e in suo soccorso potentemente venne, l'una volta contro
a Normandi che 'l ducato di Puglia violentemente alla Chiesa aveano tolto, e i
confini di Campagna guastavano, i quali la contessa Mattelda divota figliuola
di san Piero con Gottifredi duca di Spuleto cacciò infino ad Aquino al tempo
d'Allessandro papa secondo di Roma; l'altra volta contra ad Arrigo terzo di
Baviera imperadore combattéo e vinselo; e poi altra volta contra ad Arrigo
quarto suo figliuolo combattéo per la Chiesa in Lombardia e vinselo al tempo di
papa Calisto secondo. E questa fece testamento, e tutto il suo patrimonio sopra
l'altare di San Piero offerse, e la Chiesa di Roma ne fece erede; e non molto
appresso morì in Dio, e sepulta è nella chiesa di Pisa, la quale magnamente
avea dotata. Morta la contessa nell'anno della Natività di Cristo MCXV.
Lascereno della contessa Mattelda, e torneremo adietro a seguire la storia
d'Arrigo terzo di Baviera imperadore.
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