XXVIII
Della venuta de' Tartari nelle parti d'Europia infino in Alamagna.
Nel detto anno MCCXXXVIIII i Tartari, i quali erano scesi di levante, e
presa Turchia e Cumania, sì passaro in Europia, e feciono due parti di loro,
l'una andòe nel reame da·pPollonia, e l'altra gente entraro in Ungaria, e colle
dette nazioni ebbono dure e aspre battaglie; ma alla fine il fratello del re
d'Ungaria ch'avea nome Filice, duca di Colmano in Pannonia, e lo re Arrigo
da·pPollonia uccisono e sconfissono in battaglia, e tutta la gente, sì uomini
come femmine e fanciulli, misono alle spade e a morte; per la qual cagione i
detti due così grandi paesi e reami furono quasi diserti d'abitanti. E dopo lo
stimolo de' Tartari, quegli cotanti che di loro mano scamparono, fu sì grande e
sì crudele fame nel paese, che la madre per la fame mangiava il figliuolo, e
gran parte polvere d'uno monte che v'era, come diciamo gesso, in luogo di
farina mangiavano. E guasti i Tartari quelli paesi, scorsono infino in
Alamagna, e volendo passare il grande fiume del Danubio in Ostericchi, chi di
loro con navi e, co·lloro cavagli, e chi con otri pieni di vento, si misono nel
fiume; e difesi con saette e altri ingegni e armi al passo del detto fiume,
onde forati gli otri colle saette da' paesani, quasi tutti annegaro, e furono
morti sanza potere ritornare adietro; e così finìo la loro pestilenzia, non
sanza infinito e gravissimo danno de' Cristiani di quegli paesi lontani
da·nnoi. E di questa venuta de' Tartari fu sì grande e spaventevole fama, che
infino in questo nostro paese si temea fortemente di loro, che non passassono
in Italia.
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