XXXIII
Come di prima fu cacciata la parte guelfa di Firenze per gli
Ghibellini e la forza di Federigo imperadore.
Ne' detti tempi, essendo Federigo in Lombardia, e essendo disposto del
titolo dello imperio per papa Innocenzio, come detto avemo, in quanto potéo si
mise a distruggere in Toscana e in Lombardia i fedeli di santa Chiesa in tutte
le città ov'ebbe podere. E prima cominciò a volere stadichi di tutte le città
di Toscana, e tolse de' Ghibellini e de' Guelfi, e mandogli a Sa·Miniato del
Tedesco; ma ciò fatto, fece lasciare i Ghibellini e ritenere i Guelfi, i quali
poi abandonati, come poveri pregioni, di limosine in Samminiato stettono lungo
tempo. E imperciò che la nostra città di Firenze in quelli tempi nonn-era delle
meno notabili e poderose d'Italia, sì volle in quella spandere il suo veleno e
fare partorire le maladette parti guelfa e ghibellina, che più tempo dinanzi
erano incominciate per la morte di messer Bondelmonte, e prima, sì come adietro
facemmo menzione. Ma bene che poi fossono le dette parti tra' nobili di
Firenze, e spesso si guerreggiassono tra loro di propie nimistadi, e erano in
setta per le dette parti e si teneano insieme, e quegli che si chiamavano
Guelfi amavano lo stato del papa e di santa Chiesa, e quegli che si chiamavano Ghibellini
amavano e favoravano lo 'mperadore e suoi seguaci, ma però il popolo e Comune
di Firenze si mantenea in unitade, a bene e onore e stato della repubblica. Ma
il detto imperadore mandando sodducendo per suoi ambasciadori e lettere quegli
della casa delli Uberti ch'erano caporali di sua parte, e loro seguaci che si
chiamavano Ghibellini, ch'elli cacciassono della cittade i loro nemici che si
chiamavano Guelfi, profferendo loro aiuto de' suoi cavalieri; sì fece a' detti
cominciare dissensione e battaglia cittadina in Firenze, onde la città si
cominciò a scominare, e a·ppartirsi i nobili e tutto il popolo, e chi tenea
dall'una parte, e chi dall'altra; e in più patti della città si combattero più
tempo. Intra gli altri luoghi, il principale era per gli Uberti alle loro case,
ch'erano ov'è oggi il gran palagio del popolo: si raunavano co' loro seguaci, e
combattiesi, co' Guelfi del sesto di San Piero Scheraggio, ond'erano capo
quegli dal Bagno, detti Bagnesi, e' Pulci, e' Guidalotti, e tutti i seguaci di parte
guelfa di quello sesto; e ancora gli Guelfi d'Oltrarno su per le pescaie
passando, gli venieno a soccorrere quando erano combattuti dagli Uberti.
L'altra puntaglia era in porte San Piero, ond'erano capo de' Ghibellini i
Tedaldini, perch'aveano più forti casamenti di palagi e torri, e co·lloro
teneano Caponsacchi, Lisei, Giuochi, e Abati, e Galigari, e erano le battaglie
con quegli della casa de' Donati, e con Visdomini, e Pazzi, e Adimari. E
l'altra puntaglia era in porte del Duomo a la torre di messer Lancia de'
cattani da Castiglione, e da Cersino, ond'erano capo de' Ghibellini con
Agolanti e Bruneleschi, e molti popolari di loro parte, contra i Tosinghi,
Agli, e Arrigucci. E l'altra punga e battaglia era in San Brancazio, ond'erano
capo per gli Ghibellini i Lamberti, e Toschi, Amieri, Cipriani, e Megliorelli,
e con molto seguito di popolo, contra i Tornaquinci, e Vecchietti, e Pigli,
tutto che parte de' Pigli erano Ghibellini. E' Ghibellini faceano capo in San
Brancazio a la torre dello Scarafaggio de' Soldanieri; e di quella venne a
messer Rustico Marignolli, ch'avea la 'nsegna de' Guelfi, cioè il campo bianco
e 'l giglio vermiglio, uno quadrello nel viso, ond'egli morìo; e il dì che'
Guelfi furono cacciati, e innanzi che si partissono, armati il vennono a
soppellire a San Lorenzo; e partiti i Guelfi, i calonaci di San Lorenzo
tramutaro il corpo, acciò che' Ghibellini nol disotterrassono e facessone
strazio, però ch'era uno grande caporale di parte guelfa. E l'altra forza de'
Ghibellini era in Borgo, ond'erano capo gli Scolari, e Soldanieri, e Guidi,
contra i Bondelmonti, Giandonati, Bostichi, e Cavalcanti, Scali, e
Gianfigliazzi. Oltrarno erano tra gli Ubbriachi e' Mannelli (e altri nobili di
rinnomo non n'avea, se none di case de' popolari), incontro a' Rossi e' Nerli.
Avenne che·lle dette battaglie duraro più tempo, combattendosi a' serragli,
overo isbarre, da una vicinanza ad altra, e alle torri l'una a l'altra (che
molte n'avea in Firenze in quegli tempi, e alte da C braccia in suso); e con
manganelle, e altri difici si combatteano insieme di dì e di notte. In questo
contasto e battaglie Federigo imperadore mandò a Firenze lo re Federigo suo
figliuolo bastardo, con XVIc di cavalieri di sua gente tedesca. Sentendo i
Ghibellini ch'egli erano presso a Firenze, presono vigore, e con più forza e
ardire pugnando contra i Guelfi, i quali nonn-aveano altro aiuto, né attendeano
nullo soccorso, perché la Chiesa era a Leone sopra Rodano oltremonti, e la
forza di Federigo era troppo grande in tutte parti in Italia. E in questo
usarono i Ghibellini una maestria di guerra, che a casa gli Uberti si raunava
il più della forza de' detti Ghibellini, e cominciandosi le battaglie ne'
sopradetti luoghi, sì andavano tutti insieme a contastare i Guelfi, e per
questo modo gli vinsono quasi in ogni parte della città, salvo nella loro
vicinanza contra il serraglio de' Guidalotti e Bagnesi, che più sostennono; e
in quello luogo si ridussono i Guelfi, e tutta la forza de' Ghibellini contra
loro. Alla fine veggendosi i Guelfi aspramente menare, e sentendo già la
cavalleria di Federigo imperadore in Firenze, entrato già lo re Federigo con
sua gente la domenica mattina, sì si tennero i Guelfi infino al mercolidì
vegnente. Allora non potendo più resistere a la forza de' Ghibellini, si abandonarono
la difenza, e partirsi della città la notte di santa Maria Candellara gli anni
di Cristo MCCXLVIII. Cacciata la parte guelfa di Firenze, i nobili di quella
parte si ridussono parte nel castello di Montevarchi in Valdarno, e parte nel
castello di Capraia; e Pelago, e Ristonchio, e Magnale, infino a Cascia per gli
Guelfi si tenne, e chiamossi la Lega; e in quelli faceano guerra a la cittade e
al contado di Firenze. Altri popolani di quella parte si ridussono per lo
contado a·lloro poderi e di loro amici. I Ghibellini che rimasono in Firenze
signori colla forza e cavalleria di Federigo imperadore sì riformaro la cittade
a·lloro guisa, e feciono disfare da XXXVI fortezze de' Guelfi, che palagi e
grandi torri, intra le quali fu la più nobile quella de' Tosinghi in su Mercato
Vecchio, chiamato il Palazzo, alto LXXXX braccia, fatto a colonnelli di marmo,
e una torre con esso alta CXXX braccia. Ancora mostraro i Ghibellini maggiore
empiezza, per cagione che i Guelfi faceano di loro molto capo a la chiesa di
San Giovanni, e tutta la buona gente v'usava la domenica mattina, e faceansi i
matrimoni. Quando vennero a disfare le torri de' Guelfi, intra l'altre una
molto grande e bella ch'era in sulla piazza di San Giovanni a l'entrare del
corso degli Adimari, e chiamavasi la torre del Guardamorto, però che
anticamente tutta la buona gente che moria si soppelliva a San Giovanni, i
Ghibellini faccendo tagliare dal piè la detta torre, sì·lla feciono puntellare
per modo che, quando si mettesse il fuoco a' puntelli, cadesse in su la chiesa
di Santo Giovanni; e così fu fatto. Ma come piacque a Dio, per reverenza e
miracolo del beato Giovanni, la torre, ch'era alta CXX braccia, parve
manifestamente, quando venne a cadere, ch'ella schifasse la santa chiesa, e
rivolsesi, e cadde per lo diritto della piazza, onde tutti i Fiorentini si
maravigliaro, e il popolo ne fu molto allegro. E nota che poi che·lla città di
Firenze fu rifatta, non v'era disfatta casa niuna, e allora si cominciò la
detta maladizione di disfarle per gli Ghibellini. E ordinaro che della gente
dello 'mperadore ritennero VIIIc cavalieri tedeschi al loro soldo, onde fu
capitano il conte Giordano. Avvenne che infra l'anno medesimo che' Guelfi
furono cacciati di Firenze quegli ch'erano a Montevarchi furono assaliti da le
masnade de' Tedeschi che stavano in guernigione nel castello di Gangareta nel
mercatale del detto Montevarchi, e di poca gente fue aspra battaglia, infino
nell'Arno, dagli usciti guelfi di Firenze a' detti Tedeschi; a la fine i
Tedeschi furono sconfitti, e gran parte di loro furono tra morti e presi; e ciò
fu dì..., gli anni di Cristo MCCXLVIII.
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