LXII
Come i Pisani ruppono la pace; e come i Fiorentini gli sconfissono al
ponte al Serchio.
Negli anni di Cristo MCCLVI, ancora essendo podestà di Firenze il detto
messer Alamanno, i Pisani per caldo e sodducimento del re Manfredi ruppono la
pace ch'era tra·lloro e' Fiorentini e' Lucchesi, e andarono sopra il contado di
Lucca a oste al castello del ponte al Serchio. Per la qual cosa i Fiorentini
andaro ad oste sopra Pisa da la parte di Lucca al soccorso del detto castello;
e quivi assaliti i Pisani da' Fiorentini e Lucchesi, furono rotti e sconfitti,
e molti morti, e presi più di IIIm, e annegati nel fiume del Serchio in grande
quantità. E ciò fatto, i Fiorentini vennero ad oste a Pisa infino a Sa·Iacopo
in Valdiserchio, e quivi tagliaro uno grande pino, e battero in sul ceppo del
detto pino i fiorini d'oro; e per ricordanza quelli che in quello luogo furono
coniati ebbono per contrasegna tra' piedi di santo Giovanni quasi come uno
trefoglio, a guisa d'uno piccolo albero; e de' nostri dì ne vedemmo noi assai
di quelli fiorini. I Pisani vedendosi così sconfitti e assediati, feciono pace
co' Fiorentini e co' Lucchesi, con ogni reverenza e patti che' Fiorentini
seppono divisare. Intra gli altri patti vollono i Fiorentini in servigio de'
Lucchesi, e ancora per avere libera la piaggia del Motrone per le loro
mercatantie, che 'l castello del Motrone, che 'l teneano i Pisani, fosse
a·lloro comandamento, o fatto o disfatto, come piacesse al popolo di Firenze; e
così fu promesso per gli Pisani. E essendo sopra·cciò tenuto segreto consiglio
tra·ll'uficio degli anziani del popolo di Firenze, fu preso partito che 'l
Mutrone si dovesse disfare per lo migliore, e il dì appresso si dovea in
publico parlamento sentenziare. I Pisani temendo che' Fiorentini non
giudicassero che rimanesse fatto a la signoria de' Lucchesi, sì mandarono
incontanente in Firenze uno segreto e discreto cittadino con danari assai a
dispendere per ciò riparare. E trovando in Firenze il più grande anziano e
possente in popolo e in Comune (era Aldobrandino Ottobuoni, uno franco popolano
da San Firenze), segretamente gli fece parlare a uno suo amico, profferendogli
di dare IIIIm fiorini d'oro e più, se ne volesse, e egli adoperasse che 'l
Mutrone si disfacesse. Il buono anziano Aldobrandino udendo la promessa, non
fece come cupido o avaro, ma come leale e virtudioso cittadino; e avisandosi
che il consiglio preso il dì dinanzi per lui e per gli altri anziani di disfare
il Mutrone era al piacere de' Pisani, e potea esser danno de' Fiorentini e de'
Lucchesi, si tornò al consiglio sanza scoprire la promessa che gli era stata
fatta, e consigliò per belle e utili ragioni il contrario, cioè che 'l Mutrone
non si disfacesse; e così fu preso e stanziato. E nota lettore la virtù di
tanto cittadino, che non essendo troppo ricco d'avere, ebbe in sé tanta
continenza e sincerità per lo suo Comune, che più non ebbe del tanto il buono
romano Fabbrizio del tesoro a·llui proferto per gli Sanniti; e però ne pare
degna cosa di fare di lui memoria, per dare buono esemplo a' nostri cittadini
che sono e che saranno, d'essere leali al loro Comune, e d'amare meglio memoria
di fama di virtù che·lla corruttibile pecunia. Il detto Aldobrandino, come
piacque a Dio, poco tempo appresso morì in tanta buona fama per le sue
virtudiose opere fatte per lo popolo e 'l Comune: per non essere ingrato
feciono grande onore al suo corpo e a la sua memoria, che alle spese del Comune
feciono fare nella chiesa di Santa Reparata uno monimento di marmo levato più
che niuno altro, e in quello soppellire il suo corpo a grande onore; e nel
detto sepolcro feciono intagliare questi versi:
Fons est suppremus
Aldibrandinus amenus
Ottoboni natus, a bono civita
datus.
E poi dopo la sconfitta da Monte Aperti, tornati i ghibellini in Firenze,
e rotto il popolo, certi per empiezza di parte feciono abattere la detta
sepultura, e trarne il corpo morto di tre anni passati, e farlo strascinare per
la città e gittare a' fossi. E però ancora nota gli atti della fallace fortuna
a ricevere la sua memoria indegnamente sì fatta vergogna, dopo tanto degno
onore ricevuto per lui a la sua vita e a la sua morte; ma faccendo comparazione
a la sua buona fama e opere di virtù, le quali non si possono torre per la
fallace ventura, ogni non dovuta vergogna fatta al suo corpo fu corona perpetua
della sua buona fama, e obrobrio e vergogna degl'iniqui e malvagi operanti.
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