LXXXIII
Come gli usciti guelfi di Firenze mandarono loro ambasciadori in
Alamagna per sommuovere Curradino contra Manfredi.
In questi tempi veggendosi gli usciti guelfi di Firenze, e dell'altre
terre di Toscana, esser così perseguiti da la forza di Manfredi e de'
Ghibellini di Toscana, e veggendo che nullo signore si levava contra la forza
di Manfredi, e eziandio la Chiesa avea piccolo podere contra·llui, sì·ssi
pensarono di mandare loro ambasciadori nella Magna a sommuovere lo picciolo
Curradino contro a Manfredi suo zio, che falsamente gli tenea il regno di
Cicilia e di Puglia, profferendogli grande aiuto e favore. E così fu fatto, ché
de' maggiori usciti di Firenze v'andarono per ambasciadori con quegli del
Comune di Lucca; e per gli usciti guelfi di Firenze v'andò messer Bonaccorso
Bellincioni degli Adimari e messer Simone Donati. E trovarono Curradino sì
piccolo garzone, che la madre in nulla guisa acconsentìo di lasciarlo partire
da sé, con tutto che di volere e d'animo era grande contro a Manfredi, e avealo
per nimico e ribello di Curradino. E tornando i detti ambasciadori d'Alamagna,
per insegna e arra della venuta di Curradino, si feciono donare la sua mantellina
foderata di vaio, la quale recata a Lucca, grande festa ne fu fatta per gli
Guelfi, e mostravasi in San Friano di Lucca com'una santuaria. Ma non sapeano
il futuro distino i Guelfi di Toscana, come il detto Curradino dovea esser loro
nemico.
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