III
Come il conte Carlo si partì di Francia, e per mare si passò di
Proenza a Roma.
Negli anni di Cristo MCCLXV Carlo conte d'Angiò e di Proenza, fatta sua
raunata di baroni e di cavalieri di Francia, e di moneta per fornire suo
viaggio, e fatta sua mostra, si lasciò il conte Guido di Monforte capitano e
guidatore di MD cavalieri franceschi, i quali dovessono venire a Roma per la
via di Lombardia. E fatta la festa della Pasqua della Resurressione di Cristo
col re Luis di Francia e cogli altri suoi fratelli e amici, subitamente si
partì di Parigi con poca compagnia: sanza soggiorno venne a Marsilia in
Proenza, là dove avea fatte apparecchiare XXX galee armate, in su le quali si
ricolse con alquanti baroni che di Francia avea menato seco, e con certi de'
suoi baroni e cavalieri provenzali, e misesi in mare per venire a Roma a grande
pericolo; però che 'l re Manfredi colle sue forze avea fatte armare in Genova,
e in Pisa, e nel Regno più di LXXX galee, le quali stavano in mare alla
guardia, acciò che 'l detto Carlo non potesse passare. Ma il detto Carlo, come
franco e ardito signore, si mise a passare, non guardando agli aguati de' suoi
nimici, dicendo uno proverbio, overo sentenzia di filosofo, che dice: “Buono
studio rompe rea fortuna”. E ciò avenne al detto Carlo bene a bisogno; ché
essendo colle sue galee sopra il mare di Pisa, per fortuna di mare si
sciarrarono, e Carlo con III delle sue galee, per forza straccando, arrivò a
Porto Pisano. Sentendo ciò il conte Guido Novello, ch'allora era in Pisa vicaro
del re Manfredi, s'armò colle sue masnade di Tedeschi per cavalcare a Porto, e
prendere il conte Carlo; i Pisani presono loro punto, e chiusono le porte della
città, e furono ad arme, e mossono questione al vicario, che rivoleano il
cassero del Mutrone ch'egli tenea per gli Lucchesi, il quale era a·lloro molto
caro e bisognevole; e così convenne che fosse fatto innanzi si potesse partire.
E per lo detto intervallo e dimoro, quando il conte Guido partito di Pisa e
giunto a Porto, il conte Carlo, cessata alquanto la fortuna, e con grande
sollecitudine fatte racconciare le sue galee, e messosi in mare, di poco
dinanzi s'era partito di Porto, e cessato tanto pericolo e isventura: e così
come piacque adDio, passando poi assai di presso del navilio del re Manfredi,
prendendo alto mare, arrivò colla sua armata sano e salvo alla foce del Tevero
di Roma del mese di maggio del detto anno, la cui venuta fu tenuta molto
maravigliosa e sùbita, e dal re Manfredi e da sua gente appena si potea
credere. Giunto Carlo a Roma, da' Romani fu ricevuto a grande onore, imperciò
che non amavano la signoria di Manfredi, e incontanente fu fatto sanatore di
Roma per volontà del papa e del popolo di Roma. Con tutto che papa Chimento
fosse a Viterbo, li diede ogni aiuto e favore contro a Manfredi, spirituale e
temporale; ma per cagione che·lla sua cavalleria che venia di Francia per
terra, per molti impedimenti apparecchiati per le genti di Manfredi in
Lombardia, penarono molto a giugnere a Roma, come faremo menzione, sicché al
conte Carlo convenne soggiornare a Roma, e in Campagna, e a Viterbo tutta
quella state, nel quale soggiorno provide e ordinò come potesse entrare nel
Regno con sua oste.
|