VII
Come lo re Manfredi andò a Benivento, e come ordinò sue schiere per
combattere col re Carlo.
Lo re Manfredi intesa la novella della perdita di San Germano, e
tornandone la sua gente sconfitti, fu molto isbigottito, e prese suo consiglio
quello ch'avesse a·ffare, il quale fu consigliato per lo conte Calvagno, e per
lo conte Giordano, e per lo conte Bartolomeo, e per lo conte camerlingo, e per
gli altri suoi baroni ch'egli con tutto suo podere si ritraesse alla città di
Benivento per forte luogo, e per avere la signoria di prendere la battaglia a
sua posta, e per ritrarsi inverso Puglia, se bisognasse, e ancora per
contradiare il passo al re Carlo, imperciò che per altra via non potea entrare
in Principato e a Napoli, né passare in Puglia se non per la via di Benivento;
e così fu fatto. Lo re Carlo sentendo l'andata di Manfredi a Benivento,
incontanente si partì da San Germano, per seguirlo con sua oste, e non tenne il
cammino diritto di Capova, e per Terra di Lavoro, imperciò che al ponte di
Capova non avrebbe potuto passare, per la fortezza ch'è in su il fiume delle
torri del ponte, e il fiume è grosso; ma si mise a passare il fiume del
Voltorno presso a Tuliverno, ove si può guadare, e tenne per la contrada
d'Alifi, e per aspri cammini delle montagne di beneventana, e sanza soggiorno,
e con grande disagio di muneta e di vittuaglia, giunse all'ora di mezzogiorno a
piè di Benevento, alla valle d'incontro alla città, per ispazio di lungi di due
miglia alla riva del fiume di Calore, che corre a piè di Benevento. Lo re
Manfredi veggendo apparire l'oste del re Carlo, avuto suo consiglio, prese
partito del combattere, e d'uscire fuori a campo con sua cavalleria, per
assalire la gente del re Carlo anzi che si riposassono; ma in ciò prese mal
partito, che se fosse atteso uno o due giorni, lo re Carlo e sua oste erano
morti e presi sanza colpo di spada, per difalta di vivanda per loro e per gli
loro cavagli; ché 'l giorno dinanzi che giugnessono a piè di Benevento, per
nicessità di vittuaglia, molti di sua oste convenne vivesse di cavoli, e' loro
cavagli di torsi, sanza altro pane, o biada per gli cavagli, e la moneta per
dispendere era loro fallita. Ancora era la gente e forza del re Manfredi molto
sparta, che messer Currado d'Antioccia era in Abruzzi con gente, il conte
Federigo era in Calavra, il conte di Ventimiglia era in Cicilia: che se avesse
alquanto atteso crescevano le sue forze; ma a cui Iddio vuole male gli toglie
il senno. Manfredi uscito di Benevento con sua gente, passò il ponte ch'è sopra
il detto fiume di Calore, nel piano ove si dice Santa Maria della Grandella, il
luogo detto la pietra a Roseto; ivi fece tre battaglie overo schiere: l'una fu
di Tedeschi di cui si rifidava molto, e erano bene MCC cavalieri, ond'era
capitano il conte Calvagno; la seconda era di Toscani e Lombardi, e anche
Tedeschi, in numero di M cavalieri, la quale guidava il conte Giordano; la
terza fu de' Pugliesi co' Saracini di Nocera, la quale guidava lo re Manfredi,
la quale era di MCCCC cavalieri, sanza i pedoni e gli arcieri saracini ch'erano
in grande quantità.
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